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perbia di critico. Perché la sua produzione si ribella al problema «come l’ha posto lui», in luogo di fare un ritorno sopra di sé e rettificare il problema, formandosi un concetto più giusto del romanzo storico e più in armonia con la sua ispirazione, si affretta a conchiudere: — Dunque, la mia poetica ha ragione, e la mia poesia ha torto — .

Il torto è tutto della sua poetica. E Terrore sta nel falso concetto che si era formato del reale e dell’ideale.

Il reale per lui è 1 ’esistente e l’avvenuto, il reale della natura e il reale della storia. E per lui il reale dell’arte non è altra cosa, e il reale naturale e storico è quello che i nostri antichi, duce Aristotele, chiamavano l’imitazione della natura. Ma qui comincia la differenza. L’imitazione aristotelica non era riproduzione, era trasformazione. Posto che la natura è una immagine imperfetta dell’idea, l’artista secondo la scuola aristotelica o classica si dee studiare di rendere il reale possibilmente conforme alla sua idea. La natura innanzi all’arte è come materia greggia, destinata ad essere lavorata e trasformata dall’artista, sì che risponda a quel tipo di perfezione, che è nella nostra mente, e non si trova in nessuna parte. Perciò l’istrumento proprio dell’arte non è l’osservazione, ma l’immaginazione, la cui materia sono non le cose reali, ma le ombre e le parvenze di quelle. La poesia, come dice Dante, è ombrifero prefazio del vero, una bella apparenza del vero, una veritá nascosta sotto il velo della favola, è, come dice Tasso, il vero condito in molli versi.

Qui il concetto di Aristotele è oltrepassato e peggiorato. Non è la cosa trasformata o idealizzata, avvicinata al suo tipo, al suo ideale, ma è una immagine del bene e del vero, di modo che il vero e il bene sono la sostanza, e le cose sono semplici loro istrumenti maneggiati dall’immaginazione a rappresentare o manifestare quelli, non sono esistenze, individui perfetti, ma simboli, veli, manifestazioni. Conseguenza di questa dottrina ultra-aristotelica è l’individuo non per sé, ma per l’idea, l’individuo manifestazione, rappresentante di questa o quell’idea: il tale individuo rappresenta il tiranno, il tale altro il patriotta. Platonismo e Cristianesimo conferirono del pari a questa tendenza ascetica