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ii. la poetica di manzoni 33

        Ne’ Promessi Sposi capovolse quella combinazione. Fece della sua invenzione il quadro, e della storia un semplice fondo, di modo che quel suo mondo ideale inviluppato in un mondo storico, che gli dà tutta l’illusione di una esistenza piena e concreta, diviene il vero centro vivente, l’unità di tutto il lavoro.

Il problema a noi pare risoluto; ma non parve a Manzoni, che guardava quella geniale produzione con la lente della sua teoria. Faceva un romanzo storico, e gli pareva che oltre all’interesse artistico ci dovesse esser là dentro un interesse storico. Far comprendere bene un’epoca, mostrarla nel suo spirito, nei suoi lineamenti, nelle sue istituzioni, ne’ suoi costumi, ne’ suoi vizii e nelle sue virtù, questo gli pareva il fine sostanziale d’un romanzo storico. E perché quel fine non è ottenuto, perché qui l’interesse storico è offuscato da un interesse più potente, perché quando vuol metter fuori il capo esso solo, nasce una dissonanza e una freddezza nell’ordito, perché al lettore importa pochissimo quello che a lui importa molto, se i fatti sieno avvenuti o inventati, e quali avvenuti e quali inventati, il poeta critico non vi ravvisa la sua teoria, non vi riconosce i suoi fini, e ripudia la sua creatura, e la giudica un essere ibrido, una sconciatura.

Spettacolo interessante e molto istruttivo è la lotta fra l’ispirazione e la teoria, fra la spontaneità artistica e la riflessione critica. L’artista sa quello che vuol produrre, ma non sa come produce. L’atto della produzione gli sfugge. E spesso gli esce altro da quello che si pensava. Se difetto c’è, il difetto è quasi tutto in quello che pur vi è penetrato del suo pensiero, delle sue teorie preconcette. Così è avvenuto a Manzoni, così a Dante e così a Tasso. La loro genialità li salvò dalle loro teorie.

Manzoni lavora sopra un concetto dell’arte, se non falso del tutto, certo esagerato non meno che quello di Alfieri. Lavora con ostinazione, cerca nuovi mezzi, pur mirando allo stesso fine. E nondimeno la sua produzione gli esce sempre dissimile da quel concetto, il suo fine rimane inappagato, il suo problema rimane insoluto, e lascia la penna malcontento. Dovea conchiudere contro il suo concetto, e non contro la sua produzione. Pare involga nella stessa condanna l’uno e l’altra. Modestia d’artista e su-

3 — De Sanctis, Manzoni.