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i. del romanzo storico | 315 |
noscere un’epoca? Ma niente ci è che sia più repugnante alla natura della poesia.
La poesia è messa tra due estremi, tra la scienza e la storia, cioè tra l’idea e il fatto. L’idea ed il fatto separatamente presi sono due astrazioni; ciò che esiste è l’idea vivente, l’idea fatto. Ma l’idea non si realizza tutta nel fatto; considerata nella sua purezza ella si presenta a noi come tipo o esemplare, di cui non vediamo tutti i caratteri effettuati nel reale. Di qui il bisogno di una terza cosa — la poesia, la quale opera la conciliazione fra i due termini, trasformando il reale, spogliandolo di ciò che ivi è repugnante o indifferente, e conformandolo con l’idea; cioè a dire idealizzando il reale. Così la poesia trasforma l’idea in ideale ed il corpo in fantasma o idolo. Ciò posto, in che modo la poesia potrebbe proporsi per iscopo di rappresentare il reale? Gli è un domandarle che rinneghi se stessa; gli è come dire all’acqua: — Io ti permetto che tu mi caschi su, ma col patto che non mi bagni — . Il romanzo storico non può dunque avere per iscopo la conoscenza della storia. Che cosa è dunque? È la storia trasformata dall’arte, la storia idealizzata, come sono sempre stati soliti di fare i poeti. Omero, Dante, Ariosto, Tasso, Voltaire hanno preso per base la storia e l’hanno innalzata all’idea. E lo stesso Manzoni, senza avvedersene, volendo rappresentarci un’epoca storica, l’ha trasformata, l’ha fatta poesia.
Lezione II
Non appena ci si presenta un fatto, sentiamo una tentazione di alterarlo, sia per il gusto del maraviglioso, sia per conformarlo al nostro modo di concepire. Su questo fenomeno riposa la verità della poesia. Ignorando le cagioni e le circostanze dei fatti, gli uomini dapprima vi lavorarono con la fantasia e popolarono il mondo di favole. Ma accanto a questo gusto c’è anche il gusto del reale, che si mostra più tardi nei tempi civili; di qui nasce la filosofia e la storia, che spiegano il mondo; e la poesia bisogna che lo accetti, come glielo presentano la filosofia e la