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xii. la forma dei «promessi sposi» | 257 |
preso il Tasso che volea fondare il suo poema sulla storia, sieno stati grandi sognatori, o come dicono i Francesi, grandi rêveurs, e che la tendenza a realizzare l’ideale non si cominci a manifestare che nel modo come Manzoni dà vita e forma alla sua concezione.
Questo che fa? Per la tendenza contraria a quella degli altri poeti, mentre essi ingrandiscono le proporzioni del reale per avvicinarlo all’illimitato dell’ideale, Manzoni invece vuol misurare le proporzioni di esso e accostarlo al finito, al determinato della reatà, e ne nasce quella che dicemmo la «misura dell’ideale», in modo da farlo apparire reale, storico.
Ora si comprende ancora un passo ulteriore nella forma manzoniana. Manzoni in essa non cerca il sentimento o le impressioni, cerca la figura, o per dirla con linguaggio antico, il «plastico». Idee, sentimenti, impressioni in lui si traducono in immagini esterne. Né si contenta di darvi la figura, ma vuole analizzarla e spiegarla; e questa potenza di analisi, congiunta con la spontaneità e grandezza della sua immaginazione, costituisce la forza produttiva del poeta.
Vorrei farvi comprendere tutto questo insieme con qualche leggero paragone. In tutt’i poeti italiani c’è, sì, la tendenza a darvi la figura, ma in masso, in blocco, in modo che voi avete vivamente l’idea del tutto, ma non così delle parti. Per esempio. Dante, il grande scrittore di questa maniera, fa dire a Capaneo:
— ... Qual io fui vivo, tal son morto — . |
Ed ei s’ergea col petto e colla fronte, Come avesse l’inferno in gran dispitto. |
Che è lì? È la totalità che si presenta innanzi al lettore sotto quell’immagine particolare, e fa tale impressione, che ei non ha agio o pensiero di analizzare. Farinata appare all’improvviso come una forma piramidale, così fuori di ogni contorno e limite, che voi, impressionati dalla prima immagine gigantesca, non
17 — De Sanctis, Manzoni. |