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156 lezioni

volere o non volere, in questa maniera di considerare la storia, penetra qualche granello di quella reazione che allora invadeva gli spiriti contro il secolo XVIII. Perché il peccato principale che rimprovera vasi al secolo XVIII, era il profanare la storia, il travisare i fatti, il far servire la verità storica alle passioni politiche, al desiderio di libertà cui tutti gli altri interessi dello spirito subordinavansi. E il gran peccatore in Italia era Vittorio Alfieri, accusato perché nelle sue tragedie rappresentava un solo ideale, il suo; perché avea messo interamente da parte la storia, considerati i suoi personaggi fuori del tempo e dello spazio. Capite quindi perché Alfieri abbia avuto l’onore (perché questo è un onore) di essere principalmente segno agli strali della reazione del secolo XIX; e tra gli altri il nostro Carmignani fece allora una diatriba contro Alfieri. I più appassionati contro di lui furono i fondatori della scuola romantica in Germania, Federico e Augusto Schlegel, l’uno nel suo Corso di letteratura drammatica, l’altro nella sua Storia generale della letteratura.

Ora non voglio vedere fino a qual punto avessero ragione o torto costoro nel mettere in dubbio le qualità poetiche di Alfieri, questione già trattata da molti altri, e che ci allontanerebbe dal nostro proposito. Dirò solo che i fratelli Schlegel lo maltrattano non solo come Vittorio Alfieri, ma come rappresentante di un sistema messo da essi al bando dell’arte e della poesia. In virtù di questo sistema Alfieri si teneva in buona compagnia, perché con lui sono condannati tutt’i tragici antichi italiani, rei di aver imitato le forme classiche, e Corneille, Racine, Crébillon, Voltaire, lo stesso Molière, Metastasio, Goldoni e via di seguito.

Gli strali lanciati qua e là si condensano principalmente contro Alfieri. Qui si vede anche la passione cattolica reazionaria che in quel tempo si svegliava, e che sceglieva a capro espiatorio il povero Alfieri.

Bisogna esser vivuto in que’ tempi per comprendere l’immensa impressione che produssero le due opere dei fratelli Schlegel. Sono critici empirici, non sono filosofi né Federico né Augusto, e non sono io che li chiamo in questo modo, è Hegel medesimo. Sono empirici, ma nel loro empirismo c’è tanta ricchezza