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i. il mondo epico-lirico di manzoni 9

tutto pieno di Alfieri, fosse venuto di Parigi romantico e cattolico, capitato in quei circoli intedescati, che facevano opposizione all’impero, o piuttosto alla rivoluzione, e proclamavano la legittimità e il dritto divino. Parve al giovine vedere mondo nuovo, e gl’Inni uscirono da quel primo entusiasmo religioso, che accompagnava a Roma il Papa reduce, ispirava ad Alessandro la federazione cristiana, prometteva agli uomini stanchi un’èra nuova di pace. La giovine generazione sorgeva tra queste illusioni; e mentre il vecchio Foscolo fantasticava un paradiso delle Grazie, allegorizzando con colori antichi cose moderne, Manzoni ricostruiva l’ideale di un paradiso cristiano, e lo riconciliava con lo spirito moderno.

Il medesimo fu di Cesare Beccaria. Anche lui era stato a Parigi, e n’era venuto volteriano ed enciclopedista. Da Parigi veniva la rivoluzione, da Parigi veniva la reazione. L’Italia era uscita dalla sua solitudine intellettuale ed era al séguito, riceveva l’impulso. Il centro più vivace di quel moto europeo in Italia era sempre Milano, dov’erano più vicini e più potenti gl’influssi francesi e germanici. Là s’inaugurava nel Caffè il secolo XVIII. E là s’inaugurava nel Conciliatore il secolo XIX. Manzoni succedeva a Beccaria, e i Verri e i Baretti del nuovo secolo erano i Pellico, i Berchet, i Grossi, i D’Azeglio.

Il fenomeno non era solo italiano, era europeo. Fin dal secolo scorso cominciata era una più stretta comunanza intellettuale nella colta Europa, ajutando a ciò anche le guerre napoleoniche. L’Imperatore portava in Germania le idee francesi e riportava le idee tedesche a Parigi. Il nemico galoppava dietro al suo cavallo. Parigi diveniva un centro attivo di scambii intellettuali, di esportazione e d’importazione. Le idee locali, manifatturate a Parigi, prendevano faccia europea. In quel centro vivace di formazione e di diffusione l’ammiratore di Alfieri, l’amico di Goethe, di Cousin e di Fauriel, s’iniziava alla vita europea, prendea l’aria del nuovo secolo.

Ma l’uomo nuovo, che si andava in lui formando, non cancellava l’antico; anzi vi s’inquadrava. Rimaneva l’erede di Beccaria, il figlio del secolo XVIII, l’ammiratore d’Alfieri. Il senti-