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126 | lezioni |
contatto colla realtà. Allora comincia a destarsi l’interesse, perché dietro al monastero si affacciano immagini terrene, e la terra penetra là dentro e turba la pace delle immagini celesti. Perciò sono materia interessante di poesia Abelardo ed Eloisa, Adelaide e Comingio, temi fermentati in mezzo a tempi religiosi, e che anche oggi mostrano la loro traccia presentando il contrasto tra la terra e il cielo, l’amore dell’uomo, e l’amore di Dio.
Manzoni in Ermengarda vuol cogliere questo momento, rappresentare la lotta tra il misticismo e il cuore, tra l’amore profanato nella vita e pur resistente, e il cielo che con pensieri di pace chiama su quella donna e vuol staccarla dalla terra.
Vediamo in che modo il poeta ha saputo sviluppare questa lotta drammatica nel personaggio di Ermengarda. Dopo aver acquistato un’idea chiara del modo come Manzoni l’ha rappresentata, vedremo sino a che punto egli sia giunto ad incarnare l’ideale che di Ermengarda si aveva formato.
Ermengarda è un carattere muto. Che vuol dir ciò?
È una di quelle cose che già eransi rappresentate nella poesia italiana. Dante è il grande creatore di caratteri muti, i quali non esprimono di sé che a pena un lampo, ma un lampo che illumina tutto l’orizzonte della loro vita interiore. Un bello esempio, senza cercarlo nella Eleonora di Goethe e in altre creazioni moderne, è la Pia di Dante:
Ricordati di me che son la Pia; Siena mi fé, disfecemi Maremma; Salsi colui che inanellata in pria Disposando mi avea con la sua gemma. |
Nient’altro dice la Pia, pure è rimasta ima figura immortale, fresca e viva nella storia.
Quel richiamare il tempo della felicità, l’immagine dell’uomo che l’avea sposata senza nominarlo, senza parole di odio, e il ricordare il tempo nel quale colui le avea dato l’anello, e quel «Siena mi fé, disfecemi Maremma», sono brevissimi tratti che pur rinchiudono e disegnano una intera storia — la quale poi il Sestini diluì in una novella, prima che Manzoni concepisse la sua Ermengarda. E Pia è un carattere muto.