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Fauriel. La sua vista s’è allargata, tornerà in Italia con orizzonte più vasto. Esce dagli studi romantici, appropriasi il romanticismo come allora era concepito. Nel 1815, quando tutto era Santa Fede, concepite come un poeta tornando da Parigi in Italia faccia succedere ai Sepolcri gl’inni sacri. Concepite il cammino per cui da un mondo senza Dio, senza cielo, si giunga al Natale, alla Passione, alla Pentecoste.

        Ma quest’Inni sono forse il cielo? il cielo quale concepivalo il secolo XVIII, cielo della autorità, del diritto divino, del dispotismo, del papato e della monarchia, contro cui sentivasi ancora il ruggito di Foscolo e di Alfieri? Non è questo cielo, è uno tutto opposto; ci è un Dio che non sta accanto alle «vegliate porte» dei potenti, ma tra i pastori: un cielo democratico, posto come egida accanto ai deboli della terra. Manzoni non ha passioni sanfediste o rivoluzionarie, rimane straniero al furore della reazione francese. In questo mondo nuovo vede un nuovo, un puro cielo religioso, quale già fu concepito nella sua purezza e poi guasto dagli uomini, — quello de’ poveri e degli oppressi.

        È il cielo romantico dei Tedeschi? Trovate qui il sentimento del fantastico, dell’infinito, del soprannaturale?— Presso i Tedeschi la poesia romantica ha grande semplicità, ha il sentimento del fantastico. Ci è negl’Inni del Manzoni? Crede egli con fede profonda? Ha quel sentimento del soprannaturale? Trovo che quando s’imbatte in qualche cosa di soprannaturale, ei si contenta di accennarla, secca e nuda. Darò degli esempi.

        Un fatto importante nella storia biblica è che Gesù nacque proprio in quel giorno che era stato profetizzato. Se il Manzoni avesse sentimento reale di questo fatto, quale non dovrebbe essere il suo raccoglimento, la sua unzione, la sua semplicità di fede? Il Manzoni dice:


Da chi il promise è nato,
Ond’era atteso uscí.

Che impressione riceve da quel fatto? Quando talora il soprannaturale lo investe, non lo getta tra le ombre, la sua immagina-