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la volontà 265

ma il Payot, che «la debolezza corporea va accompagnata con la fiacchezza della volontà, con la brevità e il languore dell’attenzione». Se ci fosse bisogno di addurre esempî per dimostrare come una mente altissima, un’intelligenza sovrumana, un’anima miracolosa possano sussistere in un corpo stremato ed agonizzante, basterebbero gli esempî del Leopardi e dello Spinoza. La sensibilità, l’immaginazione, tutte le facoltà che dipendono dal sistema nervoso, sono grandi, squisite, straordinarie, a costo troppo spesso del sistema nervoso, del suo equilibrio, della sua salute. Questo fatto dà appunto ragione della teoria lombrosiana sulla nevrosi del genio. Vedete: ciò che si chiede è una generazione capace di volere, di volere fortemente, indefessamente; orbene: Vittorio Alfieri, per aver voluto in questo modo, è stato ascritto, forse non senza ragione, tra i psicopatici.

Ma, lasciando stare i genî e la psicopatia, guardando la media umanità, noi vediamo che l’abuso delle facoltà mentali corrisponde alla depressione della volontà e allo squilibrio nervoso. Dallo scoppio dell’epidemia romantica sino ai nostri giorni il danno è andato crescendo. Esso è fatale, è lo scotto che bisogna rassegnarsi a pagare.