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la veglia 29

sue solitarie notti, il bisogno della sua monca esistenza; vedeva e sentiva che, qualunque fortuna l’avvenire gli potesse serbare, mai più egli sarebbe riuscito a dimenticare la turbata meraviglia, il piacer trepido e quasi pauroso del quale era pieno in quell’iniziale momento. Di chi la colpa, se la prima donna ch’egli aveva al fianco non era una vergine come lui ignara e turbata, ma una mercenaria? Non di lui, non di lei. La colpa era degli uomini, delle loro dure leggi, o piuttosto della più dura, dell’iniqua e incorreggibile legge della vita. E un bisogno di ribellarsi alla stolta logica umana, di giudicare con la sua mente e col suo cuore, dall’alto; di correggere la tristezza della profanazione che questa vita gli faceva commettere; e una tenerezza pietosa per la sciagurata che gli s’offeriva, e un istinto di nobiltà e di rispetto dal quale ella potrà giudicarlo; il cumulo di queste e d’altre ragioni non bene precise nella sua coscienza, lo indussero... a che cosa? A restare tutta una notte con la mercenaria, senza toccarla.

Ella sa l’usanza della cavalleria, ai tempi andati: un libro immortale, il romanzo di Don Chisciotte, l’ha fatta nota a chi meno s’intende delle cose della Tavola Rotonda. Il giovane signore, prima che fosse armato cavaliere, doveva passare tutta una notte vegliando l’arme. Rammenta ella la scena che descrive Cervantes? Don Chisciotte, raccolti e indossati i pezzi spaiati d’un’arruginita armatura, li dispone entro una pila, accanto a un lavatoio, nel cortile d’una taverna: per l’imaginoso hidalgo della Mancia quegli oggetti in quel luogo si trasformano prodigiosamente, sono il più forbito e prezioso arnese nella chiesetta del più signorile e potente castello; la qualità reale delle cose sfugge ai sensi del sognatore: l’anima sua accesa dalla bellezza conferisce a tutto le qualità desiderate. Come l’eroe leggendario, il Protagonista non vide, dimenticò, volle ignorare la mercenaria e la suburra: egli si sentì come dinanzi a una Sposa, e come dinanzi a una Sposa restò timido e trepidante.

Ella sorride; anzi non sorride, deride. Ella pensa un bisticcio e dice tra sè che anche questo mio Ca-