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236 | capitolo xiii. |
il titolo di ministro di S. M. siciliana a Roma, il palazzo Farnese non rivide più gl’interessanti ricevimenti, ai quali facevano gli onori di casa la contessa, e sua figlia Norina, affascinante di grazia e di brio, e che sposò più tardi il generale Pianell: ricevimenti resi più importanti dalle conferenze dantesche del duca di Sermoneta. In una di esse il duca annunziò avere avuta l’idea di scolpire la statuetta di Caronte con le ali tese, che ebbe fortuna in commercio.
Giacomo de Martino, venuto come incaricato d’affari ai primi del 1858, rivelò subito la sua indole vivace e curiosa. Penetrò nel mondo aristocratico, e divenne intimo di casa Rospigliosl; die’ mano ai lavori di restauro del palazzo Farnese, che consistevano nel distruggere gli ammezzati, scoprendo i magnifici cassettoni, e le preziose pitture del Caracci, e ridonando ai saloni il presente splendore. Ricordo, che l’attuale gabinetto dell’ambasciatore di Francia era la vecchia cucina. Il De Martino prometteva un gran ballo per il giorno, in cui sarebbero finiti i lavori, e anche per festeggiare le nozze del duca di Calabria, ma poi, com’è noto, quelle nozze si compirono con la morte del Re, e il ballo andò in fumo. La legazione di Napoli, potendo competere in grandiosità con le maggiori, anzi vincendole tutte, presentava, fra la sua sede e la sua rappresentanza, la contraddizione più stridente. Non più ministri, ma incaricati di affari, o reggenti incaricati di affari; e i suoi rappresentanti, in fatto di mondanità, non furono superiori ai colleghi della legazione di Sardegna. Fra i giovani diplomatici di Napoli figuravano il giovane marchese di Campodisola, ch’era un Del Pezzo di Caianiello, e il duca d’Altomonte, un Gravina Comitini di Sicilia, morto di recente; e si erano succeduti, col titolo di reggenti incaricati d’affari, il duca di Santopaolo, il marchese di San Giuliano, Severino Longo di Napoli, da non confondersi con i San Giuliano di Catania. Il Campodisola e l’Altomonte, giovanissimi e valorosi, avevano vinto il concorso bandito nel giugno 1850 per l’alunnato diplomatico, e il Campodisola iniziò la sua carriera diplomatica a Roma, dove venne come aggiunto. Riuscirono anche in quel concorso il Fava, il San Martino di Montalbo, mandato a Roma nel 1853, anch’egli come aggiunto; Emilio Cavacece, l’Anfora di Licignano e Domenico Carbonelli. Qualcuno