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un addio a firenze 9


Qui l’amico si fermò, si turbò, e stette qualche minuto immobile, col capo basso, occupato da un pensiero tristo. Poi alzò la fronte corrugando le ciglia, coll’aspetto di chi afferra il filo di una reminiscenza lontana, e riprese a bassa voce:

— ...Piazza Castello pareva un mare di teste; c’era mezzo il popolo di Torino. Migliaia di voci cantavano l’inno di Goffredo Mameli. L’entusiasmo toccava il furore. Centomila visi erano rivolti alle finestre dove stavano i deputati della Toscana. La gente gridava loro cose, là sotto, che faceano venir freddo; tendeva le braccia come s’essi avessero a gettarsi giù, e li volesse prendere. Si voleva vederli, e vederli ancora, e poi tornare a vederli. — Fuori! — si gridava con accento di preghiera; — vada qualcuno a pregare che si mostrino ancora una volta! Pregateli che ci parlino! Li vogliamo conoscer bene! — I loro nomi correvano di bocca in bocca; alcuni erano di famiglie antiche ed illustri, imparati già nelle storie, o intesi nelle scuole, nomi solenni, che si pronunziavano con riverenza; altri non saputi mai, ma pur cari per quel suono, per quell’impronta paesana, che li faceva riconoscere alla prima. Si cercavano nella folla i pochi Toscani ch’eran venuti coi deputati, si correva intorno a loro con una curiosità infantile, si voleva sentire il loro accento decantato, si ripetevano le loro parole, si scambiavano i lei e i chiel con una dimestichezza che pareva antica.

Il nome di Fiorenssa, come si diceva, questo nome al quale il popolo, benchè l’avesse sì poco famigliare, era pure sempre usato ad unire l’immagine di qualcosa di gentile e di augusto, si ripeteva allora con amore; Firenze, già creduta tanto lontana, pareva che si fosse avvicinata ad un tratto, che fosse lì, ai confini, colle sue belle cupole e le sue belle torri; Dante! Michelangiolo! Machiavelli! e gli altri grandi nomi rivenivano alla mente e sulle labbra, anche dei popolani, con un senso nuovo, quasi come nomi di gente viva, di cui que’ depu-