A questo, o Critone, che risponderemo, se non che l’accordo fu fatto?

Critone. Di necessità, o Socrate.

Socrate. E seguitando, direbbero così poi: Che altro fai tu ora, se non rompere quei patti e quegli accordi che avevi fermati con noi? Nè li fermasti per forza, nè tiratovi a inganno, e neanco per partito dovuto pigliare a fretta e furia; chè hai bene avuto agio a pensarci su per ispazio di anni settanta, ne’ quali te ne potevi pure andar via, se non ti piacevamo, e se gli accordi non ti parevan giusti. Ma tu nè ci mettesti innanzi Sparta, nè Creta, le quali tutto dì stai a dire che si reggono con buone leggi1, nè alcun’altra delle greche città o barbare; anzi di qua mai non ti sei mosso, peggio che i zoppi, i ciechi e gli altri sciancati2; tanto piaceva questa città più a te, che a niun altro Ateniese: e anche noi leggi, egli è chiaro; perchè a chi piacerebbe una città senza leggi?3. E ora non vuoi stare ai patti? Sì, se dài retta a noi, o Socrate, e non farai la figura ridicolosa a scappare4.



  1. C’era in Atene il partito, che lodava Sparta e i suoi rudi ordinamenti, e li contrapponeva alla gazzarra democratica ateniese. Socrate non era indulgente per la democrazia, e men di lui era indulgente Platone. Vedi l’esame delle leggi di Sparta e d’Atene nelle Leggi del vecchio Platone.
  2. Vedi la nota 78 a p. 62.
  3. Con tutto il male che Socrate vi trovava, quelle leggi ateniesi dovevano pur apparirgli le migliori, se egli rimaneva così fedelmente nella sua città, senza mai allontanarsene.
  4. È il nuovo motivo che Socrate introduce. A settant’anni, fuggire! vivere tra gente straniera, additato come quello che fuggì truccato, lui maestro di virtù e sapiente, per campar qualche altro anno!