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§ XVI. Merci. — Le cose esposte si riferiscono principalmente al movimento viaggiatori, che concorre alla produttività delle ferrovie a grande traffico, ma non ne forma l’elemento principale.
Invero, i maggiori comodi estesi dovunque, il servizio postale più celere e completo, il telegrafo, le case di commissione, ecc., ecc., sono altrettante cause che tendono ad eliminare il bisogno di viaggiare.
Invece il movimento merci non ha nemici, ma amici dappertutto: le merci non possono essere sostituite da lettere o telegrammi, ma devono essere inviate dove sono richieste.
Perciò mentre il prodotto dei viaggiatori sulla maggior parte delle linee d’Europa, dopo aver raggiunto un certo limite non elevato, si mantiene stazionario, anzi in alcune diminuisce; invece il movimento delle merci non solo va continuamente crescendo su tutte le ferrovie, ma ne forma l’introito principale.
E ciò è naturale conseguenza della crescente diffusione del principio della divisione del lavoro; poichè, ogni regione ed ogni popolo applicandosi di preferenza a produrre ciò che è più appropriato alle condizioni locali ed affine al proprio genio, gli scambi delle merci tendono sempre più ad aumentare. Di qui nasce la convenienza di curare il perfezionamento e l’economia dei nostri mezzi di trasporto i quali sono uno dei più importanti fattori del commercio e della prosperità della Nazione.
§ XVII. Esportazioni. — Ora, se diamo un’occhiata all’avvenire del nostro traffico, lo troviamo molto confortante.
Già molti anni addietro Cobden diceva a Massimo d’Azeglio che il nostro sole ci dà più calore del carbone britannico, e che nella nostra terra abbiamo una materia prima di facile trasformazione. Egli ci ripeteva con frasi moderne quello che Dante aveva espresso molto tempo prima colle parole:
Guarda il calor del sol che si la vino.
Giunto all’ umor che dalla vite cola.
Purg., Canto XXV.
Il pensiero dell’illustre inglese che ci additava una ricchezza inapprezzata, ed i versi di Dante che preludevano alle meraviglie della scienza moderna, furono compresi dal comm. Cirio, il quale dimostrò come si potesse utilizzare il nostro sole ed il nostro suolo inviandoli trasformati in sostanze alimentari dove la natura fu più avara del massimo dei suoi doni.
Il commercio d’esportazione di tali derrate, dal Cirio iniziato, ci indica non solo l’avvenire economico della Nazione, ma in buona parte anche quello delle nostre ferrovie, sue indissolubili ausiliarie.
Non sarà perciò inopportuno dare un’occhiata a questo commercio nascente, non per misurarne l’importanza assoluta, ma per vedere quali sono le vie che segue, con quale intensità relativa si sviluppa nelle varie direzioni, e quali rapporti può avere colla Direttissima Bologna-Firenze, tenuto conto delle speciali condizioni dell’Italia peninsulare tirrena che è il più grande emporio delle nostre produzioni agricole destinate all’esportazione.
Dal quadro delle esportazioni fatte dal Cirio nel 1883 vediamo che le spedizioni di derrate alimentari a vagone completo furono di vagoni 560 per la Francia, e