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DI PAOLO FERRARI. 21

alla brezza: vedi in me i lampi di un fuoco che si spegne sotto le ceneri della gioventù, che spira consunto da ciò che lo alimentava?»

Alessandro Dumas figlio, in una pagina stupenda, piena di profonda tristezza, descrive il periodo dello autore drammatico in cui la malinconia degli anni sopra il suo capo s’aggrava.

«Il Teatro, egli dice, è simile all’amore, vuole il buon umore, la salute, la potenza, la giovinezza. A misura che gli anni si accumulano, l’autore drammatico prova una specie di malessere; i suoi studi lo hanno portato più in là del punto a cui la folla, sempre giovine nella sua massa, si trova, e quando essa vi sarà giunta non è più a lui che essa verrà. Arrivato a quel momento difficile, l’autore drammatico che ha creduto alla sua arte, che l’ha onorata ed amata, che avrebbe voluto farne non pure un piacere, ma un insegnamento, si trova preso fra il suo ideale e la sua impotenza. Comprende che non più alla forma di cui egli si è servito fin allora, l’umanità chiederà la soluzione dei problemi che la agitano, sebbene egli creda di averla trovata per se: sente che sta per succedere, tra il pubblico e lui, un malinteso di cui egli sarà la vittima, se vorrà costruirvi su il monumento de’ suoi ultimi pensieri. È venuto il momento di far come Prospero nella Tempesta di Shakespeare, d’uscire dall’isola incantata e affrettarsi al luogo del ritiro: di dire ad Ariele, lo spirito invisibile