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mercantili, delle imprese materiali, e l’ingordigia febbrile dei subiti guadagni e delle sterminate ricchezze, travaglia così estesamente gli animi, che non si può presagire dove e quando cesserà questo parossismo sociale, velato da una coltura parvente, e dal pudore di non comparire zotici in tanto splendore di civiltà. Quanti non gareggiano d’ostentare collezioni di monumenti archeologici! Ma quanti sanno apprezzare l’ingegno, che li illustra e nobilita?

A ragione scriveva il S. Quintino: Molti sono i mercanti di monete, ma pochissimi sono quelli che le studiano1. Quanto le studiasse il Promis vedemmo; ma tutti non sanno il molto, che spendeva nel farne acquisto, nelle incisioni degli esemplari e nella pubblicazione; non sanno, che per non privare Torino della sua numismatica collezione, non volle cederla ad un potente personaggio, che a nome del Governo Russo gli offrì il doppio di ciò, che ottenne, ed una decorazione ambita da molti.



V


Finora vedemmo come il Promis, conservatore del medagliere e monetografo, abbia giovato alla numismatica. Resta di conoscere quale impulso diede agli studi storici, ai quali si rattacca, e tien dietro quasi sempre il movimento politico. Perocchè, disse bene un autorevole Scrittore2: «Quando non s’odono più se non le catene dello schiavo, o il ghigno del beffardo, la denunzia del delatore, è generoso quanto pericoloso ufficio far intendere la tromba della storia, alimentatrice di ricordi e di speranze.» Salito sopra un trono circondato da grandi aspettazioni e timori, da ambizioni e pericoli, Carlo Alberto ebbe il felice pensiero d’istituire la Deputazione sopra gli studi di storia pa-


  1. Lettera a Carlo Morbio. Vedi Monografia storica delle zecche italiane. Asti, 1868.
  2. Cesare Cantù, nella sesta delle sue lettere su Tommaso Grossi. Torino, 1862.
tria. A raffermarlo nel santo proposito tre uomini concorsero col loro ingegno e col credito della loro virtù: Cesare Saluzzo, cultore gentile e splendido mecenate delle lettere, e autore del famoso verso:
Il sol d’Italia non tramonta mai;
Luigi Cibrario e Domenico Promis.

Questi, eccettuati quei tratti di storia, che intarsiava a dilucidazione delle sue nummografie, non iscrisse alcuna storia, ma giovò frugando con sagace pazienza, e raccogliendo i documenti e le memorie, che poi inserì nel 1° e 3° volume dei Monumenti di storia patria.

Ma affinchè chi vuole consultarli possa razzolare la verità, alle cronache della Savoia, all’epitome storica del Maccaneo, alle memorie di Piero Lambert, alla cronaca di Giovenale d’Acquino, premette schiarimenti opportuni, vuoi per indicarne il contenuto, vuoi per accertarne l’autenticità.

In altre due maniere ancora benemeritò, colla miscellanea e colla bibliografia. Provinciale si poteva dire lo scopo, esclusivamente rivolto al Piemonte, quello della deputazione; ma dacchè questo Stato allargandosi assorbì tutta l’Italia, parve, che si dovesse estendere a tutte le province l’influenza sua, anche dal lato degli studi storici. Lodata perciò fu l’idea del Promis, che propose, unitamente al suo inseparabile e diletto Cibrario, di pubblicare una collezione di opere inedite, di brevi cronache e storie, di lettere curiose, di monografie, di succinte narrazioni di fatti, a qualunque provincia della Penisola esse appartengano. Parecchie di cosiffatte raccolte si tentarono in Italia dal Tesoro politico, edito da Comin Ventura nel 1600, sino all’Archivio storico del Vieusseux in Firenze, ed al Saggiatore romano. Così il Promis iniziò la miscellanea di storia italiana, edita per cura della deputazione di storia patria. Il primo tomo uscì nell’anno 1862; ora si sta preparando il decimoquarto. Parecchie memorie vi si leggono dei due fratelli Promis, alcune dell’egregio primogenito, che correndo sulle orme del padre e dello zio, ed erede della domestica gloria, sui magnam sustinet exspectationem. Ma sopratutto piace il vedere in essa pubblicati diplomi greci, siciliani inediti e tradotti dal valente Spata; e mercè