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suggello che fa lo segno ne la cera, fa gattivo1 segno ne la cera ben ch’ella sia buona; così ben che la cosa amata in sè sia buona, può essere errore ne l’amore che ama o troppo o poco, e così si passa l’ordine e cadesi in vizio. E per aver mellio notizia di quel che l’autore dice de l’amore, debbiamo sapere che li atti2 de l’animo umano sono inverso l’obietto suo o di placenzia, o didisplacenzia3: placenzia è disposizione che seguita per lo conforto de la virtù concupiscibile, et è placenzia o di bene o di male: se è di bene, o proprio o d’altri4; se è proprio o è coniunto o è da lunga: se è bene proprio distante, la placenzia genera concupiscenzia e desiderio: la concupiscenzia è appetito del bene proprio appreso ancora distante; e desiderio è ardente et intenso appetito di quil medesmo bene, e sigurtà e speransa genera ancora; e la placenzia del bene proprio coniunto genera allegressa e letizia: allegressa è iocundamento de l’acquistamento del bene proprio coniunto: letizia è godimento dell’uso di tal bene. Se la placenzia è del bene altrui, genera amore; et è amore volontà, secondo la quale desideriamo lo bene altrui; se è placenzia di male altrui, che del proprio non può essere, genera odio; et odio è volontà, secondo la quale desideriamo lo male altrui. E per questo appare che da la virtù concupiscibile, secondo la placenzia nasceno questi atti; concupiscenzia, desiderio, gaudio, letizia, amore et odio; e se li atti5 de l’animo umano so6 di displicenzia, che è disposizione che seguita per lo conforto de la potenzia irascibile, et è questa displicenzia o del bene, o del male; se del bene o proprio, o d’altrui; se proprio, o coniunto o assente; se è bene proprio o coniunto o assente, la displicenzia genera abominazione e fastidio: fastidio è rifiutamento del bene proprio, appreso assente o coniunto: abominazione è ardente et intenso rifiutamento del bene proprio, assente, e così del coniunto. Se è displicenzia del bene altrui, genera invidia: invidia è volontà, secondo la quale desideriamo altri essere sensa li suoi beni; se la displicenzia è del male o è proprio o è d’altri; se è proprio, o è presente, o assente; se7 è presente, la displicenzia genera dolore e tristizia: dolore è afflizione del male pro-

    riguardo, che l’anima sia cagione effettiva di quegli atti, ch’ella intorno all’oggetto, quasi in sua materia produce. Non è dubbio che l’amore non segua la cognizione, e non sia in alcun modo effetto di quella; onde il bello quanto è più conosciuto, tanto è più amato; e meno, quanto meno». E.

  1. C. M. cattivo
  2. C. M. li atti de la potenzia concupiscibile sono inverso lo bene dilettevile, o di placenzia,
  3. C. M. displicenzia:
  4. C. M. d’altrui
  5. C. M. li atti della virtù concupiscibile sono displicenzia, o sono del bene,
  6. So; sono è voce proveniente dall’infinito sere ed è comune a parecchi antichi, ed al popolano favellare. Nel secondo dell’Eneide l’Ugurgeri tradusse «per la voluntà delli Dei so portato nelle fiamme». E.
  7. C. M. se è presente o assente, la displicenzia