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[v. 94-105] | c o m m e n t o | 137 |
notino quelli che non obedisseno nè l’uno, nè l’altro, de’ quali Dio iusto signore mostrerà ancora grande iustizia. Se l’autore s’è steso a questa materia non è maravillia, ch’elli fece uno libro che si chiama De Monarchia Mundi, nel quale elli prova con suoe ragioni che uno dè essere lo principe del temporale del mondo; cioè lo imperadore.
C. VI — v. 94-105. In questi quattro ternari lo nostro autore fa la sua invettiva contra Alberto imperadore, riprendendolo de la assenzia sua da l’Italia, parlando a lui e dicendo: Guarda; cioè tu, Alberto; e però si dè incominciare: Alberto tedesco, guarda; cioè pone cura, com’esta fera; cioè come questa fiera, cioè Italia, la quale chiama fiera, per servare la figura incominciata: chè l’à posta in similitudine di cavallo, è fatta fella; cioè restia e superba, come lo cavallo che non è obediente al cavalcatore e non si lassa cavalcare, Per non esser corretta da li sproni; cioè de la tua signoria punitrice dei mali, e subiugatrice dei superbi, come li speroni del cavallo, Poi che ponesti mano a la predella; cioè poi che accettasti lo imperio e pilliasti la signoria; e seguita la figura del cavallo: predella è parte del freno dove si tiene la mano quando si cavalca; cioè poi che ponesti mano al freno, che abbandoni; cioè lo quale abbandoni, Costei; cioè questa Italia, ch’è fatta indomita; cioè la quale è diventata non domata, e selvaggia; cioè salvatica; e sempre usa la figura del cavallo, parlando d’Italia. E dovresti inforcar li suoi arcioni: cioè dovresti cavalcare questo sì fatto cavallo; cioè Italia: inforcare l’arcioni è stare a cavallo: imperò che cusì si cavalca coll’una gamba dall’uno lato, e coll’altra dall’altro: arcioni sono le due altesse de la sella; l’una d’inansi, e l’altra di rieto; acciocchè non diventasse disobediente la dovresti signoreggiare e correggere co la iustizia e non lassarla in sua libertà: imperò che allora diventano li popoli disobedienti come li cavalli restii, quando non sono cavalcati; e però, come corrucciato, l’autore biastema1 lo detto Alberto, dicendo: Giusto giudicio da le stelle; cioè dal cielo dove sono le stelle; cioè da Dio che è prima cagione delli effetti che induceno le stelle, caggia Sovra il tuo sangue; cioè di te Alberto, e sia nuovo et aperto; nuovo dice, perchè innuova li omini: imperò che le cose nuove muoveno; aperto; cioè manifesto, sicchè ogni uno ne pilli esemplo e massimamente li successori; e però dice: Sì che il tuo successor; cioè colui che serà imperadore di po’ te, temenzia n’aggia; cioè abbia paura del iudicio, caduto sovra ’l tuo sangue; et assegna la cagione perchè, Chè avete tu e il tuo padre sofferto; cioè Alberto da
- ↑ Biastemare, o biastimare odesi tuttavia tra il popolo toscano, e deriva dal blastimar dei Trovatori. E.