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e d’altra; cioè delli avari e de’ prodighi: o vero d’una parte e d’ altra del cerchio, con grandi urli; cioè con grandi voci di dolore, Voltavan pesi per forza di poppa; cioè della poppola che è nel petto, sì che vuol dire che con la forza del petto voltavano gravissimi pesi. Questi sono due tormenti voltar pesi et urlare, che si convengono con la fatica della mente, e del corpo; lo urlare alla fatica della mente; voltare pesi alla fatica del corpo: imperò che grandissime fatiche sostiene lo avaro col corpo, e con la mente; onde Orazio nella prima epistola dice: Vides, quae maxima credis Esse mala, exiguum censum, turpemque repulsam, Quanto devites animi capitisque labore, Impiger extremos curris mercator ad Indos, Per mare pauperiem fugiens, per saxa, per ignes. Et è qui da notare come è detto di sopra delli altri (1), che quelle pene e quelli tormenti, che per convenienzia del peccato l’autor finge essere nelli dannati nell’inferno, moralmente et allegoricamente intende essere in quelli che sono nel mondo: imperò che chi muore nel peccato mortale della avarizia ostinata, con quella ostinazione si sta tuttavia; e questa è gravissima pena, che continuamente desidera le ricchezze del mondo, e conosca che non bene desidera, anzi fa male. E però ben finge l'autore che nell'inferno li avari vadano contro alli prodighi nel cerchio tondo, voltando pesi col petto: imperò che in questo mondo fanno lo simile l’avaro, e lo prodigo: chè l’avaro sempre s’affatica con la mente e col corpo di ragunare ricchezze, che sono cose ponderose, che fa lo prodigo il contrario; cioè di dispregiarle, e di consumarle, e così voltando pesi 2 l’uno contra l'altro; e così appare la cagione della fizione dell’autore. E però continueremo lo testo esponendo secondo l’allegoria di quelli del mondo; e quanto alla lettera s’adatta per convenienzia a quelli dell’inferno, secondo che è mostrato, e secondo la verità 3 di Virgilio che dice nel sesto dell’Eneide: Curae non ipsa in morte relinquunt. Seguita: Percoteansi incontro; li avari con li prodighi, e poscia pur li; cioè in quel medesimo luogo che s’erano percossi, Si rivolgea ciascun, voltando a retro; lo suo peso, Gridando: Perchè tieni, e perchè burli? Qui dimostra come correndo al punto del cerchio si percuoteano; e questo significa che li prodighi e li avari con contrarie sentenzie, et intenzioni alle quali ciascuno sospigne suo peso, si contrastano et in quello si percuotono, che l’avaro in ciò spregia lo prodigo, e lo prodigo l’avaro, e così amenduni tornano a dietro, all’opposito punto, gridando, lo prodigo all’avaro: Perchè tieni le ricchezze; e l’avaro al prodigo: Perchè burli 4; cioè perchè getti le ricchezze? Così torna-
- ↑ C.M. delli altri peccati, che
- ↑ C. M. pesi, vanno l’uno
- ↑ C. M. secondo l’autorità di Virgilio
- ↑ Burlare per gettare è voce tuttora viva in alcune provincie dell’alta Italia. E.