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422 | ciceruacchio e don pirlone |
e Massimo) presieduto da un caldo e sincero progressista, che tale realmente era il Mamiani, e al quale partecipava soltanto un democratico, l’avv. Giuseppe Galletti.
Muovono quindi al riso gli epiteti di radicali e di rivoluzionari affibbiati da parecchi storici papalini a quei Ministri. Tanto è vero quel moderno detto che si può essere sempre i giacobini di qualcuno!
Ad ogni modo, e nonostante le tenebrose opposizioni che, nelle anticamere del Quirinale, cominciarono, fin dal primo giorno, ad inceppare l’azione dei nuovo Ministero, questo, sostenuto dalla forza irresistibile della pubblica opinione e conscio dei propri doveri e della propria responsabilità, intese, coi primi suoi atti, a ristabilire completamente l’ordine.
Furono accettate le dimissioni del principe Rospigliosi dal grado di Generale comandante della guardia civica e di questo alto ufficio fu incaricato il principe Aldobrandini, che, nel precedente Gabinetto, era stato Ministro della guerra, e al colonnello Bolognetti-Cenci, comandante dei Castello Sant’Angelo, che aveva egli pure rinunciato a quell’incarico, fu sostituito il colonnello Stewart, forte soldato, stimato da tutti.
Quantunque lo Spada empia parecchie pagine della sua storia delle proprie melanconiche riflessioni intorno alle iniquità, che egli afferma commesse dalla guardia civica, durante quei tre giorni di torbidi, e quantunque il Minghetti, il Farini, e un poco anche il Pasolini, accennino anch’essi a un’esuberanza di azione della milizia cittadina a quei dì, resta sempre vero che il principe Rospigliosi, Generale comandante di essa e il duca Massimo di Rignano, capo dello Stato Maggiore e il Senato romano, con pubbliche manifestazioni, ne lodarono la condotta ed esortarono le milizie cittadine a perseverare nel mantenimento dell’ordine pubblico1; resta sempre vero che il Papa stesso, volendo dare un attestato di solenne fiducia ed attenzione verso la milizia civica di Roma, ha concesso che l’intiero battaglione, cui appartiene il distaccamento che monta alla reale, venga ammesso in corpo, ma senza fucile, all’augusta presenza di lui; e ciò perfino a che rimanga esaurito il turno