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lo «zibaldone» e gli «appunti ec.» 137

sentire a tarda notte, seguente al giorno di qualche festa, il canto notturno de’ villani passeggeri. Infinità del passato che mi veniva in mente, ripensando ai Romani così caduti dopo tanto romore e ai tanti avvenimenti ora passati, ch’io paragonava dolorosamente con quella profonda quiete e silenzio della notte, a farmi avvedere del quale giovava il risalto di quella voce o canto villanesco.»1

Un’altra volta il poeta scrive questo verso, Vedendo meco viaggiar la luna; un’altra prende questo appunto: «Stridore notturno delle banderole traendo il vento:»2 fatti in apparenza di nessuna entità, ma che a lui dicevano chi sa quante cose! Altre volte gli passano pel capo immagini buone da servire per similitudini, e scrive: «Una similitudine nuova può esser quella dell'agricoltore, che nel mentre che miete ed ha i fasci sparsi pel campo vede oscurarsi il tempo ed una grandine terribile rapirgli irreparabilmente il grano di sotto la falce; ed egli quivi tutto accinto a raccoglierlo, se lo vede come strappar di mano senza poter contrastare.» E poi: «Uomo còlto in piena campagna da una grandine micidiale e da essa ucciso e malmenato, rifugiantesi sotto gli alberi, difendentesi il capo con le mani ec.: soggetto di una similitudine.»3

Qui siamo sempre nel campo della poesia: uno dei pensieri citati diventò La sera del dì di festa; un altro suggerì un passo delle Ricordanze: ma è notevole anche qui la tendenza del poeta a descrivere della vita umana i fenomeni tristi e dolorosi; a vedere nella natura, non la madre, ma la matrigna de’ suoi figliuoli. E notisi che a questo tempo il Leopardi professava, come dicemmo, la dottrina del Rous-



  1. Pensieri di varia filosofia ec. vol. I, pag. 131, 157.
  2. Idem, pag. 108, 150.
  3. Idem, pag. 174, 195.