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766 Chi l’ha detto? [2151-2152]


                    Cchiù abbampa accussì....
                    È overo stu suonno?...
                    Meh, dimme ca sì!...

Della prosa italiana vive la frase seguente:

2151.   Va’, va’, povero untorello, non sarai tu quello che spianti Milano.

(Manzoni, I Promessi Sposi, cap. XXXIV).

Così salutano i monatti Renzo, che scambiato dal popolo per un untore aveva cercato scampo sul loro carro.

Dal teatro invece potremo citare con minore parsimonia, e comincerò da un famoso verso tragicomico:

2152.   Ma l’aspettate in van: son tutti morti.

A satireggiare la frenesia per le tragedie nello stile greco che invase tutta l’Italia dopo l’acclamata Merope del Maffei, un bell’umore del secolo scorso, il senatore veneziano Zaccaria Valaresso, compose un’amena parodia di quelle lacrimose composizioni col titolo di «Rutzvanscad il Giovine, arcisopratragichissima tragedia elaborata ad uso del buon gusto de’ Grecheggianti Compositori da Catuffio Panchianio Bubulco Arcade;» che fu ristampata un’infinità di volte ed anche rappresentata sulle scene. La scena ultima dell’ultimo atto si chiude con una sfida lanciata da Mamalone, primo ministro di Rutzvanscad ad Aboulcassem. «Rimasta la scena vuota,» — così annota il libretto, — «quando l’Udienza faccia molto rumore, chiamando fuori gli Attori, e battendo, esca il Suggeritore con la carta in mano e col cerino; poi dica i seguenti versi:

               Uditori, m’accorgo, che aspettate,
               Che nuova della pugna alcun vi porti;
               Ma l’aspettate in van: son tutti morti.»

Si narra che una volta, mentre il suggeritore li andava dicendo, cadde improvvisamente la tela, e accoppandolo rese pur troppo tragica la comica catastrofe.

Lo scioglimento sommario del Rutzvanscad fa imitato da molti, tra gli altri da quell’arguto ingegno di Francesco Gritti nel suo Naufragio della vita nel mediterraneo della morte, dove l’azione