Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
704 | Chi l’ha detto | [1910-1914] |
nell’espugnazione di Siracusa (a. 212 av. C.) lo sorprese tutto assorto nei suoi calcoli geometrici, e non potendone avere altra risposta, l’uccise. Vedi Valerio Massimo, lib. VIII, cap. 7, De studio et industria externorum, § 7. Dimenticavo un’altra citazione, se non greca, almeno di greca origine, il motto :
1922. Nec (o Non) plus ultra.1
che sarebbe, secondo la tradizione, la inscrizione posta sulle colonne che Ercole alzò in Calpe e in Abila per indicare che là erano i confini del mondo. Di queste Colonne d’Ercole parlano variamente molti antichi scrittori, e con maggior diffusione Strabone e Diodoro Siculo, ma nessuno di essi accenna all’iscrizione. La più antica menzione delle Colonne d’Ercole si trova in Pindaro, che in più luoghi le nomina, e in alcuni veramente accenna che a niuno era concesso di andare oltre, ma anche qui dell’iscrizione non si fa parola (Olimp., od. III, v. 79-81; Nemea, od. III. v - 35-37; od. IV, v. 112). Probabilmente si tratta di una tradizione posteriore (cfr. Schwartz, Diss. de Columnis Herculis, Altorf., 1749). Carlo V ne trasse felicemente il motto ad una delle sue imprese, due colonne avvinte da una fascia che porta le parole Plus ultra; dappoichè le navi spagnuole, guidate dal glorioso Genovese, avevano valicato i confini del mondo conosciuto dagli antichi ed esteso nell’altro emisfero la dominazione di Spagna.
In numero assai maggiore sono le citazioni da autori latini, e in primo luogo quelle dagli immortali poemi di Virgilio (a. 70 av. C.-19 d. C.) per le quali sarà utile di consultare, fra altro, lo studio del prof. Carlo Pascal, Paremiografia Catulliana e Virgiliana in Athenaeum, a. V, fase. I, Pavia, genn. 1917, pag. 20-26: «Vergilio — dice il ch. autore - è la più larga fonte di espressioni proverbiali o quasi proverbiali, di origine letteraria, vale a dire di quelle espressioni, che si fissarono nella memoria del popolo o degli scrittori di ogni età per effetto appunto dei versi suoi, studiati e imparati a memoria». Le seguenti appartengono all’Eneide:
1923. Tantæ molis erat Romanam condere gentem.2