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[142-143] | Bellezza e bruttezza. Doti del corpo | 39 |
nico, poichè non solo non si appoggia a nessun testo, ma non è nemmeno l’espressione esatta della dottrina platonica. Infatti Platone, benchè accoppiasse il vero col bello come due idee assolutamente inseparabili, pure non considerava il vero come la bellezza per eccellenza, anzi in un luogo della Repubblica (ed. Steph., 508. E) dice formalmente che il bene è superiore in bellezza alla scienza e alla verità: quindi più conforme allo spirito, se non alla lettera della dottrina platonica, sarebbe di dire che il bello è lo splendore del bene. Si consulti: Levêque, La science du beau, 2me éd., Paris, 1872, to. II, pag. 320; Fouillée, La philosophie de Platon, Paris, 1860, to. I, pag. 352.
La bellezza sia delle persone, sia delle cose, è in molti casi dote affatto relativa, come ben giudicava il Metastasio:
142. Sembra gentile
Nel verno un fiore,
Che in sen d’aprile
Si disprezzò.
Fra l’ombra è bella
L’istessa stella
Che in faccia al Sole
Non si mirò.
Anche le cose belle possono stancare chi ne è circondato e le ammira, come accadde al poeta, che per altro era
143. Stanco già di mirar, non sazio ancora.
In tutte le cose e in ogni persona è la bellezza qualità essenziale e del più alto pregio, nelle donne massimamente, che sembrano create allo scopo di piacere altrui. Perciò, ove la natura non sia stata sufficiente, ripara l’arte, la quale è pure chiamata a fornire quegli abili sussidj