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[1461-1464] | Religione, Iddio | 493 |
che egli soleva mettere in fine a molte delle sue lettere ad amici che la pensavano come lui in fatto di religione. Più spesso così firmava la corrispondenza con D’Alembert e Damilaville, ma si trovano anche lettere di lui a Federigo il Grande, a Helvetius, a Diderot, a Marmontel e ad altri, fra il 1756 e il 1768. firmate, invece che col suo nome, o col motto citato o con le sigle Écrlinf. Giova supporre che Voltaire per infâme intendesse la superstizione, o anche la religione, poichè da diversi passi di queste lettere si rileva che l’ aggettivo infâme, nella mente del Voltaire, si riferiva a un sostantivo femminile. Egli certamente pensava della religione quel che pensava Lucrezio, il quale a proposito del sacrifizio d’Ifigenia esclamò:
1461. Tantum religio potuit suadere malorum.1
Ma l’irreligione e l’empietà dovrebbero avere il loro castigo se è vero che:
1462. Qui in altum mittit lapidem, super caput ejus cadet.2
e che:
1463. Si stanca il cielo
D’assister chi l’insulta.
e disperde i nemici suoi, come le tempeste dell’agosto e settembre 1588 dispersero le navi della Invincible Armada apparecchiata da Filippo II ai danni dell’Inghilterra. Fu allora coniata una medaglia che rappresentava le navi in balia delle onde e la leggenda:
Flavit Jehovah et dissipati sunt.
Schiller, citando questo motto in una nota alla sua poesia Die unüberwindliche Flotte, lo riporta erroneamente sotto l’altra forma, rimasta più conosciuta:
1464. Afflavit Deus et dissipati sunt.3