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[1435-1439] | Religione, Iddio | 485 |
Quel ch’egli dispone nella sua somma sapienza, dovrà avverarsi:
1435. [Nè] Sillaba di Dio mai si cancella.
(Vinc. Monti, Sulla morte di Giuda, son. 3, v. 14).
e neppure vale l’affaticarsi a scrutare le arcane ragioni e a sostituire il debole nostro criterio all’onnisciente giudizio di lui, poichè il Monti medesimo così ci ammonisce:
1436. Severi, imperscrutabili, profondi
Sono i decreti di lassù, nè lice
A mortal occhio penetrarne il buio
(Aristodemo, tragedia, a. IV, sc. 2).
e prima di lui il Metastasio:
1437. Sempre il Re dell’alte sfere
Non favella in chiari accenti,
Come allor, che in mezzo a’ venti
E tra i folgori parlò.
Cifre son del suo volere
Quanto il mondo in sè comprende;
Parlan l’opre; e poi s’intende
Ciò che in esse egli celò.
(Per la Festività del S. Natale, parte I; nell’ediz. di Parigi 1780. to. VII, p. 369).
Quindi piena fede presteremo al poeta, quando ci dirà che
1438. E perigliosa, e vana,
Se da lor [dagli Dei] non comincia ogni opra umana.
Così nell’Issipile (a. III, sc. 9) canta il Metastasio medesimo che in altra delle sue opere musicali aggiunse:
1439. Nel cammin di nostra vita
Senza i rai del Ciel cortese,
Si smarrisce ogni alma ardita,
Trema il cor, vacilla il piè.