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420 | Chi l'ha detto? | [1246-1247] |
che certi pezzi erano degli improvvisi impossibili a ripetersi. Ma la secca risposta gli valse per un biennio l’espulsione dagli Stati di Sua Maestà» (Da un articolo di F. Resasco: Il violino di Paganini, ecc., nel Secolo di Milano, del 6 aprile 1907, n. 14827).
Ancora incerto è il giudizio che la storia reca sul re Carlo Alberto di Savoia, l’Amleto della monarchia, di cui fu detto che «regnò come un debole, combattè come un forte, morì come un santo.» Quello dei contemporanei fu severo ed esagerato. La frase che ho detto di sopra,
1246. Amleto della monarchia.
fu applicata a Carlo Alberto già da Giuseppe Mazzini, nel volume I, sesto fascicolo (decembre 1849) del periodico L’Italia del Popolo, ch’egli pubblicò a Losanna dal 1849 al 1851. Ecco il testo: «Uno squilibrio fatale tra il pensiero e l’azione, tra il concetto e le facoltà d’eseguirlo, trapelava in tutti i suoi atti [di Carlo Alberto]. I più tra quei che lavoravano a prefiggerlo duce all’impresa, lo confessavano tale. Taluni fra i suoi famigliari sussurravano ch’egli era minacciato d’insania. Era l’Amleto della monarchia» (pag. 776). Ne rinverdì la memoria Giosuè Carducci nella mirabile ode Piemonte (1890):
Oggi ti canto, o re de’ miei verd’anni,
Re per tant’anni bestemmiato e pianto,
Che via passasti con la spada in pugno
Ed il cilicio
Al cristian petto, italo Amleto....
Invece, quanto diverse furono la venerazione e l’affetto che circondarono costantemente il figlio! Basterebbe a mostrarlo l’appellativo che i suoi popoli gli dettero, lui vìvente, di
1247. Re galantuomo.
«Un dì l’Azeglio disse al Re: — Ce ne sono stati così pocho nella storia di re galantuomini, che sarebbe veramente bello il