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[1143] | Patria in generale; e l’Italia in particolare | 375 |
ho ancora negli orecchi per averli sentiti ripetere e cantare chi sa le quante volte negli anni della mia fanciullezza - pieni d’impeto generoso, di serena fiducia nel trionfo della giustizia, non potevano andare a garbo alla Censura, la quale in molte edizioni del libretto, stampate negli Stati della Chiesa o in altri paesi dove la polizia era più vigile, li cambiò radicalmente, sostituendo ai fieri versi del Bidera, questi di significato opposto, nei quali i congiunti sottomessi e pentiti fanno ammenda onorevole del loro fallo:
Presto, a incontrar si vada
L’orror di cruda sorte
E fia la nostra morte
Famosa in ogni età.
Verranno appresso noi
Ben cento e cento eroi,
Ma il nostro tristo esempio
Ognun rammenterà,
E lo spavento all’empio
Ognora infonderà.
In qualche altra edizione, a scanso di noie, la cavatina è addittura soppressa.
Le purissime glorie del patriottismo ben inteso nulla possono aver che fare con le esagerazioni appassionate di quello che i Francesi - che se ne intendono! - chiamano chauvinisme: alle incomposte agitazioni loro può talvolta opportunamente essere ricordata, con sapore di sarcasmo, la frase dantesca de:
1143. L’aiuola che ci fa tanto feroci.
nella quale però il Divin Poeta intese parlare della Terra, per spregio di fronte alla immensità dei cieli.
La patria nostra visse sempre gloriosa ed amata nei canti dei suoi maggiori poeti. A Raffaello Barbiera sorrise questo tema geniale, e lo mosse a scrivere un interessante volumetto dal titolo I poeti della patria ricordati al popolo italiano (Firenze, 1882); io, dalle più note poesie, trarrò quei versi che più di frequente ricorrono nelle comuni citazioni.
Cominciò il nostro maggior poeta, a compiangere le sciagure d’Italia: