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[1052-1056] Orgoglio, ambizione, vanità, presunzione 345


Dalle Massime già citate del La Rochefoucauld traggo queste altre due di argomento affine:

1052.   Si nous n’avions point d’orgueil, nous ne nous plaindrions pas de celui des autres.1

(§ XXXIV).

1053.   Quelque bien qu’on nous dise de nous, on ne nous apprend rien de nouveau.2

(§ CCCIII).

All’orgoglioso che non vuole riconoscere i propri difetti, le proprie colpe ed ha occhi soltanto per quelle degli altri, si può ripetere il motto biblico:

1054.   Medice, cura te ipsum.3

(Evang. di S. Luca, cap. IV. v. 23).

o l’altro che sarà registrato più avanti: Quid autem vides festucam in oculo fratris tui et trabem in oculo tuo non vides Un orgoglioso era pure quel

1055.   .... Fiorentino spirito bizzarro.

cioè Filippo Argenti, cosi beffato da Dante nella Divina Commedia, e di cui piacevolmente novella anche il Boccaccio nel Decamerone (giorn. IX, nov. 8).

La superbia del resto scava dinanzi a sè la fossa, e accieca l’uomo al punto da non fargli vedere la imminente rovina e da impedirgli di procacciarsi riparo:

1056.   Contritionem præcedit superbia.4

(Proverbi di Salomone, cap. XVI, v. 18).

  1. 1052.   Se non avessimo dell’orgoglio, non ci lagneremmo di quello degli altri.
  2. 1053.   Per quanto bene ci dicano di noi stessi, non ci diranno mai nulla che già non sappiamo.
  3. 1054.   Medico, cura te medesimo.
  4. 1056.   la superbia è seguita dal pentimento.