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308 Chi l’ha detto? [969-970]


969.              .... Quella ruina che nel fianco
Di qua da Trento l’Adice percosse,
O per tremuoto o per sostegno manco.

(Dante, Inferno, c. XII, v. 4-6).

che per consenso oggi quasi unanime dei commentatori, concordi in questo con i più antichi, non escluso Piero, il figlio di Dante, si ritiene indicare gli Slavini di Marco, una morena glaciale ingigantita dallo scoscendimento della montagna, che ingombra di macigni la valle per più miglia e prende il nome dal villaggio di Marco, posto a mezzogiorno di quella rovina. La tradizione, non priva di verisimiglianza, della dimora di Dante nel Trentino, portò anche alla supposizione, assai meno fondata, del soggiorno di lui presso i Castelbarco nel castello di Lizzana, che sta a nord degli Slavini e dove nel 1897 fu inaugurata una iscrizione, molto discussa, la quale arditamente afferma Dante aver dai suoi spalti cantato la ruina, ecc. Su questo passo famoso, più che per la sua bellezza, per le molte dispute a cui dette origine, si veda E. Lorenzi, La “ruina di qua da Trento” (Trento, 1896) dove sono diligentemente riassunte le varie opinioni: si noti che il Lorenzi sostiene l’altra interpretazione che pure ebbe molti seguaci e che vuol riconoscere la ruina dantesca nella frana del Cengio rosso che sta nella stessa valle, più a settentrione, poco a monte di Rovereto; si veda pure Dante e il Trentino, di Gius. Zippel (Firenze, 1920; nella Lectura Dantis).

La regione dove ci troviamo, è abitata da una buona, gagliarda e patriottica popolazione, riunita dopo lunga attesa alla patria e che anche negli anni in cui era da lei divisa diceva di sè:

970.   Italiani noi siam, non Tirolesi.

ripetendo un famoso verso di un sonetto di Clementino Vannetti, diretto nell’agosto 1790 all’amico suo Antonio Morocchesi, celebre comico. Il sonetto comincia:

     Del Tirolo al governo, o Morocchesi,
     Fur queste valli sol per accidente
     Fatte suddite un dì; del rimanente
     Italiani noi siam, non Tirolesi.