Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
280 | Chi l’ha detto? | [872-877] |
872. In omnibus operibus tuis memorare novissima tua, et in æternum non peccabis.1
(Ecclesiastico, cap. VII, v. 40).
873. Omnia, quæ de terra sunt, in terram convertentur.2
(Ecclesiastico, cap. XI, v. 11, e cap. XLI, v. 13).
Venendo ai classici latini abbiamo la sentenza di Plauto:
874. ....Quem dî diligunt
Adulescens moritur.3
(Bacchides, a. IV, sc. 4, v. 786-787l).
il quale del resto non fece che tradurre un verso di Menandro conservatoci da Plutarco (fragm. 124, ed. Koch):ν
Ὂν oί θεοἱ φιλοῦιν ὰποθνὴσκει νέος.
Dal divino Virgilio tolgo la pietosa invocazione:
875. Parce Sepulto.4
(Eneide, lib. III, v. 41).
e la frase di Didone:
876. .... Moriemur inultæ!
Sed moriamur, ait. Sic, sic juvat ire sub umbras.5
(Eneide, lib. IV, v. 658-659).
da Ovidio le parole solite a scolpirsi sulle tombe dei romani:
877. Molliter ossa cubent.6
(Tristitum, lib. III, el. III, v. 76).
- ↑ 872. In tutte le tue azioni ricordati del tuo ultimo fine, e non peccherai in eterno.
- ↑ 873. Tutto quello che viene dalla terra, ritornerà terra.
- ↑ 874. Colui che gli dei amano, muore giovine.
- ↑ 875. Perdona a chi è seppellito.
- ↑ 876. Morrò invendicata! Ebbene, si muoia, disse. Così, così devo scendere fra le ombre.
- ↑ 877. Riposino dolcemente le ossa.