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[863-867] Miserie della vita, condizioni dell’umanità 277


quando vedeva uno promettere una cosa e non l’osservare, come faceva lui, che era osservantissimo, Maledictus homo qui confidit in homine, e la sua chiusa era, e nell’opere sua

Ove alla malignità si aggiunga la dappocaggine e nullità nostra cui non vale a sanare la brevità della vita umana, poichè:

863.   Hesterni quippe sumus, et ignoramus.1

(Giobbe, cap. VIII, v. 9).

e per la quale Orazio chiamò la umana stirpe:

864.   .... Fruges consumere nati.2

(Epistole, lib. I, ep. 2, v. 27).

mentre in altra parte dei suoi versi l’aveva detta

865.   Audax Japeti genus.3

(Odi, lib. I, od. 3. v. 27).

sarà giustificata la sdegnosa misantropia di chi si vanti:

866.   Sprezzator degli uomini.

ripetendo la frase del canto Le Ricordanze di Giacomo Leopardi, il quale diceva di sé chiuso nel natio borgo selvaggio:

     Qui passo gli anni, abbandonato, occulto,
     Senz’amor, senza vita; ed aspro a forza
     Tra lo stuol de’ malevoli divengo:
     Qui di pietà mi spoglio e di virtudi,
     E sprezzator degli uomini mi rendo,
     Per la greggia ch’ho appresso.

Lo sconforto della vita e il pessimismo ispirarono al grande romanziere livornese il noto scettico dilemma:

867.   E se la vita fu bene, perchè mai ci vien tolta? - E se la vita fu male, perchè mai n’è stata concessa?

(F. D. Guerrazzi, La battaglia di Benevento, cap. V, in princ.).

  1. 863.   Perocchè noi siamo di ieri, e siamo ignoranti.
  2. 864.   Nati solo per consumare biade (cioè per mangiare).
  3. 865.   L’audace stirpe di Giapeto.