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272 Chi l’ha detto? [837]


La vacuità del mondo è deplorata anche nelle Sacre Carte, che chiamano le cose terrene:

842.   Vanitas vanitatum et omnia vanitas.1

(Ecclesiaste, cap. I, v. 2, e cap. XIII, v. 8).

cui può avvicinarsi la frase di Giacomo Leopardi:

843.   L’infinita vanità del tutto.

nell’ultimo verso della poesia, A sè stesso (XXXI dell’ediz. Mestica):
                              ... Omai disprezza
                    Te, la natura, il brutto
                    Poter che, ascoso, a comun danno impera
                    E l’infinita vanità del tutto.
Anche il Petrarca scriveva che

844.    Ben è ’l viver mortal, che sì n’aggrada,
     Sogno d’infermi e fola di romanzi.

( Trionfo d’Amore, canto III, v. 65-66).

e anche:

845.   La vita fugge e non s’arresta un’ora.

(Sonetto în morte di M. Laura, n. IV secondo il Marsand, v. 1; ed. Mestica, son. CCXXXI).

La caducità delle cose umane già contristava Giobbe, che malinconicamente osservava:

846.   Sicut umbra dies nostri sunt super terram.2

(Job, cap. VIII, v. 9).

847.   Homo natus de muliere, brevi vivens tempore, repletur multis miseriis.3

(Job, cap. XIV, v. 1).

  1. 842.   Vanità delle vanità, e tutto è vanità.
  2. 846.   I giorni nostri sulla terra passano come un’ombra.
  3. 847.   L’uomo nato di donna, ha corta vita, e di molte miserie è ricolmo.