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[786-789] | Libertà, servitù | 253 |
§ 42.
Libertà, servitù
786. Dolce dell’alme universal sospiro,
Libertà, santa dea....
invoca col Monti ogni cuore umano, che
787. Libertà va cercando, ch’è sì cara,
Come sa chi per lei vita rifiuta.
Stolto perciò chi ne fa getto:
788. Alterius non sit, qui suus esse potest.1
Questo verso è nella favola De ranis (imitazione di quella notissima delle rane che chiedono un re) fra le Esopiane di un anonimo medievale, che nella ediz. di Bipontum, 1784, unitamente alle favole di Fedro, trovasi a pag. 199, n. XXI, v. 22. Quest’anonimo fu creduto da alcuno fosse un certo Galfredo; ma Hervieux (Les Fabulistes latins, I, pag. 434) l’ha identificato in Gualtiero Inglese, cappellano di Enrico II re d’Inghilterra, e poi arcivescovo di Palermo. Vedi nella cit. ediz. dell’Hervieux, to. II, pag. 395. Alcuni, come il Binder nel Novus Thesaurus adag. latin., attribuiscono il verso anzidetto all’Owen: ma egli non fece che appropriarsi la non sua sentenza, mutando il suus in tuus, in un epigramma cortigianianesco ad Enrico principe di Cambria. Il motto medesimo fu l’impresa di Paracelso.
Il verso:
789. Non bene pro toto libertas venditur auro.2