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228 Chi l’ha detto? [709-712]


cider lei e quindi sè medesimo, tragedia che rimase tristamente famosa per lunga serie di anni. Un polacco, a cui non s’erano cancellate dal cuore le parole colle quali il Sebastiani aveva annunziato dalla tribuna la rovina della sua città, conosciuto questo avvenimento, esclamò: L’ordre règne à l’Hôtel Praslin.

Le parole del generale Sebastiani facevano inconsciamente eco alla frase di Tacito:

709.   Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant. 1

(Vita di Agricola, § 30 ).
che in altri termini equivale a dire col gran poeta francese:

710.   Et le combat cessa, faute de combattants. 2

(Corneille, Le Cid, a. iv sc. 3 ).

Può accadere che talora nella guerra non ci siano vincitori: ma ci sono sempre dei vinti, e per loro occorre rammentare la terribile minaccia di Brenno, duce dei Galli, che nell’anno 362 di Roma, e 390 avanti Cristo, avrebbero incendiata e taglieggiata la città dei Quiriti:

711.   Væe victis! 3

egli avrebbe esclamato, se si presta fede a Tito Livio (Hist., lib. v, c. 48, 9) e ad altri istorici romani, come Floro (I, 13, 17) e Festo (p. 372, ed. Müller). Non diversamente diceva Virgilio:

712.   Una salus victis nullam sperare salutem. 4

(Eneide, lib. II, v. 353 ).

Quante amarezze siano riserbate ai vinti, dovevano ai giorni nostri provarlo molti popoli e soltanto mezzo secolo fa un nobile paese, la Francia, oggi vittoriosa ma che nel 1870 e ’71 espiò crudelmente le colpe sue e non sue. Nella circolare che Giulio Favre, ministro degli affari esteri e vicepresidente del Governo della Di-


  1. 709.   Dove fanno la solitudine, là dicono essere la pace.
  2. 710.   E il combattimento cessò per mancanza di combattenti.
  3. 711.   Guai ai vinti.
  4. 712.   Pei vinti unica salute nel disperare di ogni salute.