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[620-621] Giustizia, liti 187

cui ravvicineremo l’altro verso dello stesso poeta, con significato antitetico:

620.   Purchè costei si salvi, il mondo pera.

Come per alcuni è pure ingiusta, ma per altri solo imprudente, la massima di qualche personaggio politico contemporaneo:

621.   Reprimere e non prevenire.

La teoria che un governo liberale manchi di mezzi legali di prevenzione contro i reati, è attribuita all’on. Giuseppe Zanardelli, che l’avrebbe bandita specialmente nel discorso-programma tenuto ad Iseo il 3 novembre 1878. Ma veramente in questa forma testuale non vi si trova, benchè in molti punti vi si accenni abbastanza esplicitamente, e in due anche più chiaramente, laddove l’oratore parlava dei circoli Barsanti e dei meetings per l’Italia irredenta, che tollerati dal Ministero di allora gli avevano procacciato il biasimo di debolezza. Però questi accenni tengono carattere piuttosto polemico che apodittico. Il principio del reprimere e non prevenire ispirava veramente gli atti di tutto quel ministero, sinceramente democratico, tanto che l’on. Cairoli, che era presidente del Consiglio, nel discorso-programma di Pavia del 15 ottobre dell’anno medesimo, aveva francamente così dichiarato i suoi intendimenti: «L’autorità governativa invigili perchè l’ordine pubblico non sia turbato: sia inesorabile nel reprimere, non arbitraria nel prevenire.» Ma gli avversari dell’on. Zanardelli ne fecero carico specialmente a lui, che a sua discolpa diceva nel discorso d’Iseo già citato: «Dopo aver cercato di dipingere sotto i più neri colori le condizioni della pubblica sicurezza, affermano che quello stato deplorevole dipende dalle mie teorie liberali, le quali fanno sì che i rappresentanti del governo, gli agenti della pubblica forza, quasi più non osano in materia di reati di frenare e reprimere perchè ciò contradirebbe le mie teorie liberali.» Del resto le vicissitudini della politica hanno mandato in dimenticanza che tale teoria fu già sostenuta innanzi alla Camera dei deputati da Bettino Ricasoli il quale negli ultimi giorni del suo ministero, rispondendo nella seduta del 25 febbraio 1862 al deputato Boggio