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[268-271] | Contentarsi della propria sorte | 73 |
§ 18.
Contentarsi della propria sorte
Il pensiero migliore che su questo soggetto abbiano espresso i filosofi antichi, è la sentenza di Manilio (Astronomicon, lib. 4, v. 22):
268. Sors est sua cuique ferenda.1
che ben tradusse l’abate Pietro Metastasio in uno dei suoi melodrammi:
269. Debbono i saggi
Adattarsi alla sorte.
Tutti, almeno a parole, vantano quella
270. Aurea mediocritas.2
cantata da Orazio (Odi, lib. II, od. 10, v. 5-6) nei versi:
e consigliano anzi (è così facile di consigliare in causa altrui!) non solo di contentarsi del poco, ma addirittura di preferire il poco all’assai, raccomandando:
271. ....Laudato ingentia rura,
Exiguum colito.3
che Columella (De re rustica, lib. I, 3, 8) chiamò præclara nostri poetæ sententia, e che secondo Servio era stata detta pare da M. P. Catone nel trattato dell’agricoltura, ch’egli compose per il figlio.