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nell’idea morale dell’arte | xxxi |
forse, a Guglielmo Shakespeare; a Manzoni non bastò. Vedete per che motivi lo fermano e lo innamorano, fra tante, le figure del Carmagnola e dell’Adelchi. Egli ha prima scoperti e studiati tutti gli elementi che abbisognano per far sì che splenda intorno a quelle due figure una grande moralità storica, civile e patriottica, che il poeta esprimerà poi liricamente nelle strofe del Coro. E quando la voce del Coro tacerà e il nodo tragico sarà sciolto, il poeta muterassi in narratore e continuerà ad illustrare e a diffondere quella moralità con altra forma e altri argomenti.
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E il Manzoni va anche più oltre. Non si contenta di questa, che potremmo chiamare una buona fratellanza del principio estetico col principio etico. Egli spinge questa fratellanza agli ultimi limiti di una perfetta intimità; anzi, a parlar più preciso, non dubita di condizionare e sottomettere il primo al secondo. Tra le sue mani una questione letteraria si riduce sempre ai minimi termini di un vero caso di coscienza. — Perchè debbono i poeti proscrivere l’uso della mitologia pagana? I perchè sono molti e il Manzoni non tralascia di enumerarli, deducendoli da quelli che egli crede i buoni canoni della poetica moderna. Poi soggiunge, scrivendone al D’Azeglio: “Ma la ragione, per la quale io credo detestabile l’uso della mitologia, e utile quel sistema che tende ad escluderla, non la direi cer-