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nell’idea morale dell'arte xxv

che il Tolstoi mutarono completamente d’avviso intorno alla loro vita e alle loro dottrine, ogni volta che vi furono indotti o dal sentimento o dalla ragione, e nessuno dei due mostrò di badare agli effetti pratici e personali del proprio mutamento.

Il Manzoni si mutò di incredulo in cattolico fervente, di classico in romantico indipendente. Poco sappiamo in particolare della sua conversione religiosa; e ignoriamo se e come affrontasse fiere battaglie di spirito o andasse incontro per essa a rinuncie gravi; ma che non fosse uomo da sbigottirsene potremo, io credo, argomentarlo con bastante sicurezza anche osservando il modo con cui egli accettò tutte le conseguenze della sua conversione letteraria. Quando, in appresso, ebbe raggiunta la sua grande fama coi Promessi Sposi e fu questione per lui ben più seria che di sconfessare canoni pseudo-aristotelici e ripudiare poemetti giovanili (per quanto questi ultimi a lui fossero caramente diletti nel ricordo delle prime vittorie), noi troviamo sempre lo stesso uomo risoluto e tranquillo nel seguire i precetti della propria ragione. Censore infaticabile di sè stesso, egli da prima si convince d’avere, scrivendo il romanzo, errato nel criterio della lingua; e subito mette mano a rifare il romanzo e a professare la sua nuova dottrina della lingua. Si pone quindi ad esaminare il romanzo storico; e rinvenuto in quella mescolanza di invenzione e di verità un principio dissolvente e un motivo di biasimo, non esita a prendere il suo partito e pronuncia una condanna