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nell'idea morale dell'arte | xxi |
i nobili e in generale la gente istruita e ricca, sono proprio essi che l’arte hanno snaturata e sviata dal suo nobile fine, considerandola per ciò che procura la più grande somma di godimenti ad una categoria limitata d’uomini. La grande umanità sta fuori dall’arte nostra; o non la capisce o la disprezza.
Un intero capitolo del libro è dedicato ad un rapido esame delle dottrine degli studiosi sull’essenza e sul fine dell’arte. La rassegna va dai Greci al Baumgarten e da questo a Carlo Darwin, allo Spencer, al Kerd, al Knight, agli ultissimi filosofi, sociologi ed esteti. L’autore non si mostra punto edificato di tante definizioni, confusioni, contraddizioni. E, lo dico di passaggio, nemmeno io per verità. Ma c’è forse da meravigliarne? Ripeta egli il medesimo processo a qualunque idea categorica: Dio, il tempo, lo spazio, l’amore, il bene, il riso, il dolore, ecc. Vedrà che, ogni volta che gli uomini tentano di avvicinarsi molto a quello che Galileo Galilei chiamava le essenze oscure e si cimentano a definirle, il trovare due soli cervelli che proprio si accordino, è tutt’altro che facile....
Leone Tolstoi non ha certo paura di dire tutto il suo pensiero: egli domanda semplicemente a tutti gli uomini, che hanno proposito di bene, di adoperarsi con lui alla soppressione dell’arte moderna come il male più terribile dell’umanità.
Chi crederà che questo terribile nichilista possa ritrovare qualche cosa di lodevole nella produzione artistica del nostro tempo? Eppure ne trova. Anche la Pentapoli ebbe qualche giusto.