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prefazione. xvii

cipalmente a Giovanni Van-Eyk: e le prove nostre son queste: 1° La testimonianza del Cennini, il quale dice che il modo di lavorare a olio l’usano molto i tedeschi;1 sotto la quale denominazione egli comprende eziandio i fiamminghi; 2° quella anche più esplicita, di Antonio Filarete nel suo inedito Trattato d’Architettura,2 il quale dopo aver espresso che il dipingere a olio è altra pratica e altro modo, il quale è bello a chi lo sa fare; soggiunge, che nella Magna si lavora in questa forma, maxime da quello maestro Giovanni da Bruggia e maestro Ruggieri, i quali hanno adoperato optimamente questi colori a olio; 3° il racconto del Vasari,3 circostanziato e minuto, il quale si riscontra e serve di commento al passo del Cennino e del Filarete; racconto, che noi tenghiamo per vero, sia perchè comprovato dalle due testimonianze più antiche qui sopra allegate; sia perchè, se il Biografo aretino avesse potuto dar merito di questo perfezionamento ad artefici, non che toscani, italiani, non avrebbe mancato di ciò fare, tenerissimo com’è, e fors’anche talvolta parziale, per quelli della sua nazione. La buona coscienza lo costrinse in questo caso ad essere veritiero, a non falsare i fatti, a non usurpare a’ forestieri ciò che loro a buon dritto si apparteneva; 4° in fine, la testimonianza del Summonzio, il quale in una lettera de’ 20 di marzo del 1524 indiritta da Napoli a Marcantonio Michiel, gentiluomo veneziano, dice, che la professione del pittore Colantonio del Fiore, era in lavoro di Fiandra, e chiama quella pratica di dipingere, la disciplina di Fiandra.

L’aver sostituito all’antico escipiente de’ colori uno

  1. Trattato ec., cap. XCIX.
  2. Nel libro XXIV, a carte 482 del Codice Magliabechiano.
  3. Vita d’Antonello da Messina.

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