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prefazione. | v |
essere in uso, d’alcuni colori di cave; come terre rosse scure, il cinabrese, e certi verdi in vetro. Si sono similmente ritrovate poi la terra d’ombra, che è di cava, il giallo santo, gli smalti a fresco ed in olio, ed alcuni verdi e gialli in vetro, de’ quali mancarono i pittori di quell’età. Trattò finalmente de’ musaici, del macinare i colori a olio per far campi rossi, azzurri, verdi e d’altre maniere, e dei mordenti per mettere d’oro, ma non già per figure. Oltre l’opere che costui lavorò in Fiorenza col suo maestro, è di sua mano, sotto la loggia dello Spedale di Bonifazio Lupi, una Nostra Donna con certi Santi, di maniera sì colorita, ch’ella si è insino a oggi molto bene conservata.» Ma appare manifesto, che il Vasari trasse queste notizie per la più parte dal libro stesso del Cennini, dove nel principio e’ tocca alcune cose di sè; libro che il Biografo aretino non ebbe veduto, se non quando pose mano alla seconda edizione delle Vite; chè nella prima, così del libro come dell’autore egli tace affatto.
De’ suoi lavori di pittura, il Cennini stesso non ci fa motto; e il Vasari, specifica solo, fra le opere di sua mano, quella Nostra Donna dipinta sotto le logge dello Spedale di Bonifazio; la quale, quando nel 1787 si rifece il loggiato, fu per ordine del granduca Pietro Leopoldo spiccata dal muro e trasportata sur una tela per opera di un tal Santi Pacini, e poi data in deposito all’Accademia delle Belle Arti. Passò in ultimo nella guardaroba dello Spedale di Santa Maria Nuova, dove si vede ancora, ma così sfigurata da mali ritocchi, che non è possibile riconoscere quel ch’essa fosse in antico. Questo è quel tanto che di Cennino si sapeva fin qui. Nè a noi, per quanta industria e diligenza ci abbiamo usato, è riuscito di rinvenire di lui altre maggiori notizie, se
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