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iv prefazione.

parla degli smalti a uso del musaico, e del modo di tingere le pelli.1 E nel secolo XIII visse un prete o monaco, di nome Teofilo, il quale nella sua Schedula diversarum artium, ci ha conservato le pratiche di tutte le arti meccaniche, che a’ suoi tempi si esercitavano. E come si può credere che il monaco Eraclio e l’Anonimo muratoriano, insieme colle nuove e usate all’età loro, ci abbiano descritto ancora quelle che innanzi erano nell’arte; così non è fuori di ragione il giudicare, che per tradizione non interrotta i segreti e le pratiche tecniche giungessero di passo in passo fino a Teofilo, e da questo al Cennini, del quale ora diremo.

Il primo a farne memoria fu il Vasari, il quale nella Vita di Agnolo Gaddi, dice così: «Imparò dal medesimo Agnolo la pittura Cennino di Drea Cennini da Colle di Valdelsa: il quale, come affezionatissimo dell’arte, scrisse in un libro di sua mano i modi del lavorare a fresco, a tempera, a colla ed a gomma, ed inoltre come si minia e come in tutti i modi si mette d’oro; il qual libro è nelle mani di Giuliano orefice sanese, eccellente maestro e amico di quest’arti. E nel principio di questo suo libro, trattò della natura de’ colori, così minerali come di cave, secondo che imparò da Agnolo suo maestro; volendo, poichè forse non gli riuscì imparare a perfettamente dipingere, sapere almeno le maniere de’ colori, delle tempere, delle colle e dello ingessare, e da quali colori dovemo guardarci come dannosi nel mescolargli; ed insomma, molti altri avvertimenti de’ quali non fa bisogno ragionare, essendo oggi notissime tutte quelle cose che costui ebbe per gran segreti e rarissime in que’ tempi. Non lascerò già di dire che non fa menzione, e forse non dovevano

  1. Antiq. ital. med. aev., Dissert. XXV.