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La corruzione delle donne romane è la reazione necessaria della natura contro l’autorità dispotica della legge.
La reazione trovò alimento in molte circostanze. I costumi s’erano mano mano ingentiliti; cresciuta e diffusa l’istruzione; diradati i vecchi pregiudizi; entrato il gusto delle lettere, delle arti, delle riunioni; la pialla dei Greci avea digrossati quei rozzi ed angolosi caratteri abbozzati da Quirino col ferro insanguinato della conquista. Si abbandonano le cure dei campi, dove la solerzia e l’operosità uguagliava da prima le classi, che l’ambizione avea divise e nimicate in città; la vita domestica viene a noia, perchè a misura ch’essa manca di attrattive, le seduzioni, che vengon di fuori, si fanno ogni dì più potenti;1 il lusso e l’ozio delle donne che fa abborrire i Romani dal matrimonio,2 l’istruzione e lo spirito che rende loro uggiose le mogli, vien cercato e ammirato nelle cortigiane.
IV.
Le cortigiane di Roma gareggiarono ben presto con quelle di Corinto e d’Atene: la finezza del loro spirito, della loro educazione, della loro cultura fece girar la testa ai più gravi discendenti d’Evandro. Citeride ricordò Aspasia; non era arte di seduzione, ch’ella non sapesse: danzava come Tersicore; toccava la cetera come Galliope; cantava i versi di Catullo e di Saffo; trionfava in teatro ed in casa, sul cuore d’Antonio e