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274 | annotazioni. |
E Atto Sincero, citato dal Mureto, in chiave di zoccolante:
Ah! genus imprudens hominum, quid gaudia differs? |
Cum sciamus, dice Trimalcione, nos morituros esse, guare non vivamus?
Per i Romani dell’impero vivere non è soltanto vivere, ma goder della vita: vivere et frui anima, come direbbe Sallustio. Dum vivimus vivamus, scrisse un amico di Petronio sulla tomba della sua ganza. Vitula si chiamò la Dea dell’allegrezza e dei piaceri, non già da vitulus, come crede Festo e Varrone, ma, secondo Nonio, da vita, o piuttosto da vitulor, che vale allegrarsi, darsi bel tempo, godere, vivere a tavola, o in letto, come spiega il Dufour, con la mollezza d’una vitula o giovenca sdraiata sull’erba dei campi.
Ma codesta è vita da giovani. Anacreonte cantava:
ἐγὼ δἐ τὰς κόμας μέν |
Non tutti i vecchi hanno lo spirito d’Anacreonte; la loro severità proviene spesso dal dispetto e dall’impotenza. Catullo però fa molto bene a consigliar l’amica a non far caso dei susurri e delle rampogne dei vecchi.
Pag. 162. Unius æstimemm assis;.
ch’è quanto dire: teniamoli in conto d’un centesimino bacato, per dirla alla fiorentina. Quanto all’origine e alle vicende dell’asse si può legger Varrone, 4, L.L. 36;