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morte, viver lo fa più chiaro assai che prima? Ma chi non sente la dolcezza delle lettere, saper ancor non può quanta sia la grandezza della gloria così lungamente da esse conservata, e solamente quella misura con la età d’un uomo, o di dui, perchè di più oltre non tien memoria: però questa breve tanto estimar non può, quanto faria quella quasi perpetua, se per sua disgrazia non gli fosse vetato il conoscerla; e non estimandola tanto, ragionevol cosa è ancor credere27, che tanto non si metta a pericolo per conseguirla come chi la conosce. Non vorrei già che qualche avversario mi adducesse gli effetti contrarii, per rifiutar la mia opinione, allegandomi, gli Italiani col lor saper lettere aver mostrato poco valor nell’arme da un tempo in qua: il che pur troppo è più che vero; ma certo ben si poria dir, la colpa d’alcuni pochi aver dato, oltre al gravè danno, perpetuo biasimo a tutti gli altri; e la vera causa delle nostre ruine e della virtù prostrata, se non morta, negli animi nostri, esser da quelli proceduta: ma assai più a noi saria vergognoso il publicarla, che a’ Franzesi il non saper lettere. Però meglio è passar con silenzio quello che senza dolor ricordar non si può; e, fuggendo questo proposito, nel quale contra mia voglia entrato sono, tornar al nostro Cortegiano.

XLIV. Il qual voglio che nelle lettere sia più che mediocremente erudito, almeno in questi studii che chiamamo d’umanità; e non solamente della lingua latina ma ancor della greca abbia cognizione, per le molte e varie cose che in quella divinamente scritte sono. Sia versato nei poeti, e non meno negli oratori ed istorici, ed ancor esercitato nel scriver versi e prosa, massimamente in questa nostra lingua volgare; chè, oltre al contento che egli stesso pigliarà, per questo mezzo non gli mancheran mai piacevoli intertenimenti con donne, le quali per ordinario amano tali cose. E se, o per altre faccende o per poco studio, non giugnerà a tal perfezione che i suoi scritti siano degni di molta laude, sia cauto in sopprimergli, per non far ridere altrui di sè, è solamente i mostri ad amico di chi fidar si possa; perchè almeno in tanto li giovaranno, che per quella esercitazion saprà giudicar le cose d’altrui: chè invero rare volte intervie-