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libro primo. | 53 |
gliono giudicare i stili e parlar de’ numeri e della imitazione;
ma a me non sanno già essi dare ad intendere che cosa sia
stile nè numero, nè in che consista la imitazione, nè perchè
le cose tolte da Omero o da qualche altro stiano tanto bene
in Virgilio, che più presto pajono illustrate che imitate: e
ciò forse procede ch’io non son capace d’intendergli. Ma
perchè grande argomento che l’uom sappia una cosa è il saperla
insegnare, dubito che essi ancora poco la intendano;
e che e Virgilio e Cicerone laudino perchè sentono che da
molti son laudati, non perchè conoscono la differenza che è
tra essi e gli altri: chè in vero non consiste în avere una
osservazione di due, di tre o di dieci parole usate a modo
diverso dagli altri. In Salustio, in Cesare, in Varrone e negli
altri buoni si trovano usati alcuni termini diversamente da
quello che usa Cicerone; e pur l’uno e l’altro sta bene, perchè
in così frivola cosa non è posta la bontà e forza d’una
lingua: come ben disse Demostene ad Eschine, che lo mordeva,
domandandogli d’alcune parole le quali egli aveva
usate, e pur non erano attiche25, se erano mostri o portenti;
e Demostene se ne rise, e risposegli, che in questo non consistevano
le fortune di Grecia. Così io ancora poco mi curarei
se da un Toscano fossi ripreso d’aver detto piuttosto satisfatto
che sodisfatto, ed onorevole che orrevole, e causa che
cagione, e populo che popolo, ed altre tai cose. — Allor messer
Federico si levò in piè, e disse: Ascoltatemi, prego,
queste poche parole. — Rispose, ridendo, la signora Emilia:
Pena la disgrazia mia a qual di voi per ora parla più di questa
materia, perchè voglio che la rimettiamo ad un’altra
sera. Ma voi, Conte, seguitate il ragionamento del Cortegiano; e mostrateci come avete buona memoria, chè, credo,
se saprete ritaccarlo ove lo lasciaste, non farete poco.
XL. Signora, rispose il Conte, il filo mi par tronco: pur, s’io non m’inganno, credo che dicevamo, che somma disgrazia a tutte le cose dà sempre la pestifera affettazione, e per contrario grazia estrema la semplicità e la sprezzatura: a laude della quale, o biasimo della affettazione, molte altre cose ragionar si potrebbono; ma io una sola ancor dir ne voglio, e non più. Gran desiderio universalmente tengon