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può capir nella testa, che d’una lingua particolare, la quale non è a tulti gli uomini così propria come i discorsi ed i pensieri e molte altre operazioni, ma una invenzione contenuta solto certi termini, non sia più ragionevole imitar quelli che parlan meglio, che parlare a caso; e che, così come nel latino l’uomo si dee sforzar di assimigliarsi alla lingua di Virgilio e di Cicerone, piuttosto che a quella di Silio o di Cornelio Tacito, così nel volgar non sia meglio imitar quella del Petrarca e del Boccaccio, che d’alcun altro; ma ben in essa esprimere i suoi proprii concetti, ed in questo attendere, come insegna Cicerone, allo instinto suo naturale: e così si troverà, che quella differenza che voi dite essere tra i buoni oratori, consiste nei sensi, e non nella lingua. Allor il Conte, Dubito, disse, che noi entraremo in un gran pelago, e lasciaremo il nostro primo proposito del Cortegiano. Pur domando a voi: in che consiste la bontà di questa lingua? — Rispose messer Federico: Nel servar ben le proprietà di essa, e tôrla in quella significazione, usando quello stile e que’ numeri, che hanno fatto tutti quei che hanno scritto bene.— Vorrei, disse il Conte, sapere se questo stile e questi numeri di che voi parlate, nascono dalle sentenze o dalle parole. — Dalle parole, rispose messer Federico. Adunque, disse il Conte, a voi non par che le parole di Silio e di Cornelio Tacito siano quelle medesime che usa Virgilio e Cicerone? nè tolte nella medesima significazione? — Rispose messer Federico: Le medesime son sì, ma alcune mal osservate e tolte diversamente. — Rispose il Conte: E se d’un libro di Cornelio e d’un di Silio si levassero tutte quelle parole che son poste in altra significazion di quello che fa Virgilio e Cicerone, che sariano pochissime: non direste voi poi, che Cornelio nella lingua fosse pare a Cicerone, e Silio a Virgilio?24 e che ben fosse imitar quella maniera di dire?

XXXIX. Allora la signora Emilia, A me par, disse, fai questa vostra disputa sia mo troppo lunga e fastidiosa; però fia bene a differirla ad un altro tempo. — Messer Federico pur incominciava a rispondere; ma sempre la signora Emilia lo interrompeva. In ultimo disse il Conte: Molti vo-