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gravi e tarde, or velocissime e di novi modi e vie; nientedimeno tutte dilettano, ma per diverse cause: come si comprende nella maniera del cantare22 di Ridon; la quale è tanto artificiosa, pronta, veemente, concitata, e di così varie melodie, che i spiriti di chi ode tutti si commoveno e s’infiammano, e così sospesi par che si levino insino al cielo. Nè men commove nel suo cantar il nostro Marchetto Cara, ma con più molle armonia; chè per una via placida e piena di flebile dolcezza intenerisce e penetra le anime, imprimendo in esse soavemente una dilettevole passione. Varie cose ancor egualmente piacciono agli occhi nostri, tanto che con difficoltà giudicar si può quai più lor son grate. Eccovi che nella pittura sono eccellentissimi Leonardo Vincio, il Mantegna23, Rafaello, Michelangelo, Georgio da Castelfranco: nientedimeno, tutti son tra sè nel far dissimili; di modo che ad alcun di loro non par che manchi cosa alcuna in quella maniera, perchè si conosce ciascun nel suo stil esser perfettissimo. Il medesimo è di molti poeti greci e latini, i quali, diversi nello scrivere, son pari nella laude. Gli oratori ancor hanno avuto sempre tanta diversità tra sè, che quasi ogni età ha prodotto ed apprezzato una sorte d’oratori peculiar di quel tempo; i quali non solamente dai precessori e successori suoi, ma fra sè son stati dissimili: come si scrive ne’ Greci, d’Isocrate, Lisia, Eschine, e molt’altri, tutti eccellenti, ma a niun però simili fuor che a sè stessi. Tra i Latini poi quel Carbone, Lelio, Scipione Africano, Galba, Sulpizio, Cotta, Gracco, Marc’Antonio, Crasso, e tanti che saria lungo nominare, tutti buoni, e l’un dall’altro diversissimi; di modo che chi potesse considerar tutti gli oratori che sono stati al mondo, quanti oratori tante sorti di dire trovarebbe. Parmi ancor ricordare che Cicerone in un loco introduca Marc’Antonio dir a Sulpizio, che molti sono i quali non imitano alcuno, e nientedimeno pervengono al sommo grado della eccellenza; e parla di certi, i quali aveano introdotto una nova forma e figura di dir, bella, ma inusitata agli altri oratori di quel tempo, nella quale non imitavano se non sè stessi: però afferma ancor’ che i maestri debbano considerar la natura dei discepoli, e, quella tenendo per guida, in-