glia altra; e se ella non fosse pura toscana antica, sarebbe
italiana, commune19, copiosa e varia, e quasi come un delizioso
giardino pien di diversi fiori e frutti. Nè sarebbe questo
cosa nuova; perchè, delle quattro lingue che aveano in
consuetudine i scrittori greci, eleggendo da ciascuna parole,
modi e figure, come ben loro veniva, ne facevano nascere
un’altra che si diceva commune, e tutte cinque poi sotto un
sol nome chiamavano lingua greca; e benchè la ateniese
fosse elegante, pura e faconda più che l’altre, i buoni scrittori
che non erano di nazion Ateniesi non la affettavan tanto,
che nel modo dello scrivere, e quasi all’odore e proprietà
del suo natural parlare, non fossero conosciuti: nè per questo
però erano sprezzati; anzi quei che volevan parer troppo
Ateniesi, ne rapportavan biasimo. Tra i scrittori latini ancor
furono in prezzo a’ suoi di molti non Romani, benchè in
essi non si vedesse quella purità propria della lingua romana,
che rare volte possono acquistar quei che son d’altra nazione.
Già non fu rifiutato Tito Livio, ancora che colui dicesse
aver trovato in esso la patavinità, nè Virgilio, per esser
stato ripreso che non parlava romano; e, come sapete,
furono ancor letti ed estimati in Roma molti scrittori di nazione
Barbari. Ma noi, molto più severi che gli antichi, imponemo
a noi stessi certe nuove leggi fuor di proposito; ed
avendo inanzi agli occhi le strade battute, cerchiamo andar
per diverticoli: perchè nella nostra lingua propria, della
quale, come di tutte l’altre, l’officio è esprimer bene e
chiaramente i concetti dell’animo, ci dilettiamo della oscurità;
e, chiamandola lingua volgare, volemo in essa usar parole
che non solamente non son dal volgo, ma nè ancor dagli
uomini nobili e litterati intese, nè più si usano in parte
alcuna; senza aver rispetto, che tutti i buoni antichi biasimano
le parole rifiutate dalla consuetudine. La qual voi, al
parer mio, non conoscete bene; perchè dite, se qualche20
vizio di parlare è invalso in molti ignoranti, non per questo
si dee chiamar consuetudine, nè esser accettato per una regola
di parlare; e, secondo che altre volte vi ho udito dire,
volete poi, che in loco di Capitolio si dica Campidoglio21; per
Jeronimo, Girolamo; aldace per audace; e per patrone, padro-